𝗦𝗢𝗟𝗜𝗗𝗔𝗥𝗜𝗘𝗧𝗔’ 𝗔𝗜 𝗟𝗔𝗩𝗢𝗥𝗔𝗧𝗢𝗥𝗜 𝗚𝗞𝗡 𝗗𝗜 𝗖𝗔𝗠𝗣𝗜 𝗕𝗜𝗦𝗘𝗡𝗭𝗜𝗢

Il Coordinamento Regionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, in accordo con i Comitati Provinciali dell’intera Toscana, esprime congiuntamente grande preoccupazione per quanto avvenuto in queste ore ai dipendenti della multinazionale britannica, oggi proprietà di un fondo di investimento americano, “GKN Driveline Firenze”.
In un momento storico ancora fortemente segnato dalla crisi pandemica, è impensabile che un’azienda solida e dalle considerevoli capacità industriali nel campo della componentistica decida improvvisamente di licenziare 422 dipendenti, liquidando interamente la propria sede di Campi Bisenzio.
Ai lavoratori della GKN, a cui immediatamente è giunto il sostegno dei sindacati e delle istituzioni, ed a coloro che sono attualmente impegnati nell’importante indotto industriale collegato, l’ANPI Toscana non farà mancare la propria vicinanza e solidarietà affinché la crisi aziendale possa trovare tempestiva ed opportuna soluzione.

Bruno Possenti, Coordinatore ANPI Toscana e Presidente provinciale ANPI Pisa
Alba Bigiandi, Presidente provinciale ANPI Arezzo
Vania Bagni, Presidente provinciale ANPI Firenze
Luciano Gianluca Calì, Presidente provinciale ANPI Grosseto
Gino Niccolai, Presidente provinciale ANPI Livorno
Filippo Antonini, Presidente provinciale ANPI Lucca
Alessandro Conti, Presidente provinciale ANPI Massa e Carrara
Aldo Bartoli, Presidente provinciale ANPI Pistoia
Angela Riviello, Presidente provinciale ANPI Prato
Silvia Folchi, Presidente provinciale ANPI Siena

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Introduzione alla commemorazione del partigiani caduti a Porta Vecchia in occasione del 77^ anniversario

Cittadine, cittadini, antifasciste, antifascisti, compagne, compagni,

siamo qui per commemorare i quattro partigiani e i due patrioti caduti a Porta Vecchia il 15 giugno di 77 anni fa per difendere la città di Grosseto, appena liberata dal fascismo, da una colonna dell’esercito nazista in ritirata verso nord. Vorrei ricordarli uno per uno Giuseppe Cennini, Luigi Falciani, Renato Ginanneschi, Elvio Palazzoli, Paolo Santucci , Agostino Sergenti.
Il mio compito è introdurre le autorità che parleranno per un indirizzo di saluto e di omaggio ai caduti e alle loro famiglie, ma siccome è verosimile che questo sia il mio ultimo discorso ufficiale in questa occasione come presidente della sezione ANPI “Elvio Palazzoli”, prenderò qualche minuto in più. Con il prossimo anno l’ANPI celebra il proprio XXVII Congresso nazionale, provinciale e locale, quindi terminerà il mio mandato. Sono stato presidente per due mandati consecutivi, quello della fondazione della sezione, a cui ho contribuito, e quello del congresso di cinque anni
fa. Credo fermamente nella rotazione democratica delle cariche: non si può difendere la democrazia e non rispettarne le regole di trasparenza e alternanza al proprio interno. Ovviamente ci sarò sempre, dedicandomi principalmente all’organizzazione dei giovani nell’ANPI: come sostiene il nostro presidente emerito, il partigiano Carlo Smuraglia, non per passare il testimone, ma per fare un pezzo di strada insieme al servizio dei valori della Resistenza e della Costituzione, dei cui principi vogliamo la piena attuazione.
Spero di reggere la commozione, che sento nell’accingermi a tale compito. Questa è una commemorazione, a cui tengo particolarmente perché è quella su cui la nostra sezione si è qualificata fin dalla sua fondazione. Prima che la sezione venisse fondata nel 2013 la commemorazione si teneva ogni 10 anni. La sezione ritenne di dover salvaguardare la memoria di questo avvenimento ogni anno, anche se in precedenza esso non veniva considerato tra quelli principali della Resistenza maremmana. Non pensiamo che si possano fare distinzioni questo tipo. La Resistenza è un fatto
unitario come hanno ampiamente dimostrato storici di varia tendenza: sia quella armata, che quella disarmata e civile, sia quella degli uomini che delle donne di ogni orientamento politico con la sola discriminante antifascista, da quella monarchica a quella laica, cattolica, socialista e comunista. Senza questa unità della Resistenza non sarebbe comprensibile il processo che portò all’Assemblea Costituente e poi alla Carta Costituzionale, riconosciuta da tutti i costituenti e da tutti i partiti politici dell’Assemblea Costituente, nonostante il forte dibattito e le divergenze politiche.
Nel prendere questa decisione insieme al Comune di Grosseto apponemmo la lapide che oggi siamo qui riuniti per onorare e ripubblicammo il libro di memorie “Si va pel mondo”, del capo partigiano, Aristeo Banchi, nome di battaglia Ganna. Egli è l’unico testimone oculare dei fatti che abbia lasciato una memoria scritta.
Ringrazio della loro presenza il Prefetto, Dott. Fabio Marsilio, che è sempre stato presente in questa circostanza e in molte altre nostre iniziative, e il Sindaco, Antonfrancesco Vivarelli Colonna, che partecipa per la prima volta. Lo ringrazio della sua scelta di onorare oggi con noi la memoria dei partigiani caduti per la libertà dal fascismo e dal nazismo. Ringrazio anche le famiglie dei partigiani presenti e il concorso così numeroso di cittadini.
Vorrei soffermarmi brevemente su due concetti.
Si dice di solito con un’espressione un tantino retorica: “la Repubblica e la Costituzione nate dalla Resistenza”, dando questa affermazione quasi per scontata.
Viceversa essa è storicamente vera per l’Italia – come ho cercato di dimostrare po’ fa – e soprattutto è vera per Grosseto. Lo dimostrano i fatti tramandati dalle memorie di Aristeo Banchi, il comandante Ganna, che guidava la formazione dei partigiani di città, i quali lottarono per la liberazione di Grosseto. Ripercorriamo rapidamente i fatti: di fronte all’esercito nazista, che si ritirava verso nord sotto l’incalzare delle truppe alleate, le autorità fasciste scapparono, abbandonando la città al suo destino. Per loro era una consuetudine vile, lo avevano già fatto per il bombardamento anglo-americano di Grosseto il 26 aprile 1943, quando non erano in città e nessuno allertò la difesa civile per cui furono uccisi 143 cittadini inermi, che erano proprio qui alle giostre in Piazza De Maria, vecchi, donne e bambini. La
formazione partigiana “Vittorio Alunno” il 14 giugno occupò prontamente i palazzi amministrativi della città: la Prefettura, il Municipio, la Provincia, la casa del fascio.
Durante la notte allestirono la difesa della città, chiamando a raccolta tutti i partigiani disponibili, che si divisero in due presidi: uno qui a Porta Vecchia, perché la colonna tedesca in ritirata risaliva l’Aurelia e si avvicinava alla città lungo il corso dell’Ombrone, l’altro al Campo Amiata. Un piccolo gruppo stava di sentinella sul campanile del Duomo per avvistare i tedeschi per tempo. Il 15 mattina le truppe naziste si avvicinarono alla città dall’argine del fiume lungo via De’Barberi, per questo la piazza dove sorge il monumento dei partigiani voluto dal’ANPI si chiama “Piazza della Libertà” e la strada che l’incrocia “Viale Brigate Partigiane”. I partigiani erano pochi e male armati. Come ci racconta Ganna avevano solo una granata in grado di offendere realmente. Scagliata quelle, che provocò numerose perdite tra i
soldati tedeschi, si ritirarono lungo la scalinata della Cavallerizza con l’intento probabile di ricongiungersi lungo le mura con l’altro gruppo di partigiani al Campo Amiata. Nello scontro caddero i quattro partigiani e i due patrioti che abbiamo voluto ricordare nella lapide. Tra di loro Elvio Palazzoli venne ucciso e con la ferocia tipica dei nazisti il suo corpo venne scaraventato di sotto alle mura, dove lo trovò la sua sorella più piccola, Lara, che era ancora una bambina. Proprio per questo, per non dimenticare questa barbarie abbiamo voluto dedicare ad Elvio la nostra sezione ANPI. Subito dopo con una mossa di particolare intelligenza, che rivela la vocazione unitaria e democratica della Resistenza antifascista, i partigiani decisero di eleggere il Consiglio Comunale, l’istituzione democratica che mancava da vent’anni, per tutta la durata della dittatura fascista, elessero il primo sindaco della Liberazione, Lio Lenzi, e il primo prefetto della Liberazione, Aster Festa. La maggior parte di loro era comunista ed alcuni partiti antifascisti non erano fisicamente presenti nel Comitato Nazionale di Liberazione, ma essi dichiarano tutti i partiti rappresentati in consiglio comunale, alcuni di loro – indipendentemente dalla loro fede politica – li rappresentarono. Ecco perché possiamo dire che storicamente le istituzioni repubblicane, democratiche ed antifasciste della nostra città sono nate dalla Resistenza.
Per questa ragione avvenimenti simili non possono essere lasciati solo allo studio caparbio ed onesto degli storici, devono essere carne e sangue vivo della comunità, dato che stanno al fondamento del suo patto di convivenza civile. Scrive il filosofo Michel Serres: “Ogni popolo ha una sua epica delle origini di liberazione e di libertà”.
Non è un caso che in un’epica moderna il riferimento sia alla liberazione e alla libertà come nel caso grossetano. In tal senso lo scontro di Porta Vecchia contro un esercito invasore – come era già accaduto secoli prima nel 1328 contro le truppe di Ludovico il Bavaro (è significativo che le lapidi che ricordano i due episodi siano poste sotto l’arco della porta una di fronte all’altra) – rappresenta un vero e proprio mito fondativo della città di Grosseto, delle sue istituzioni democratiche.
Nel commemorare quei fatti ci permettiamo di ricordarlo ancora una volta a chi siede pro tempore sugli scranni delle massime istituzioni repubblicane della città.
Essi ne hanno acquisito il diritto e il dovere grazie al sangue versato dai partigiani. Il secondo concetto su cui riflettere è legato all’accadimento di un nuovo fatto storico, all’acquisizione di documenti che si riteneva perduti. La famiglia ha
rintracciato tra le proprie carte i documenti partigiani di Elvio Palazzoli, il suo brevetto di partigiano e il diploma di conferimento alla memoria della croce al merito di guerra per il sacrificio della vita. Parafrasando le parole che Alexander Dumas fa dire al giacobino Nortier ne “Il Conte di Montecristo”, “ le idee [di giustizia e di libertà] non muoiono mai, sonnecchiano talvolta, si svegliano poi più forti di prima”, così le carte di Elvio sono riemerse dai cassetti dove sembravano apparentemente dimenticate nei vari passaggi di mano. Esse attestano la sua scelta di militare nella formazione partigiana “Vittorio Alunno” nei mesi precedenti alla liberazione di Grosseto, una militanza difficile essere partigiani in città, clandestini direttamente sotto gli occhi del regime fascista e della sua forza repressiva.
Penso che il ruolo delle famiglie sia decisivo per trasmettere la memoria attiva dell’antifascismo e l’impegno democratico. Come dice il documento per il XXVII Congresso nazionale dell’ANPI: “per memoria attiva intendiamo appunto la capacità di trasferire tale eredità nell’azione civile e sociale, politica nell’accezione più larga ed alta della parola, in modo che essa non si limiti alla custodia del passato, ma diventi stella polare del presente e forza propulsiva per il futuro”.
Uno degli impegni decisivi della nostra sezione, da quando è stata fondata, nel 2013 è stato rintracciare le famiglie dei partigiani grossetani, riallacciare un patto tra le generazioni, tra passato, presente e futuro; il patto che sta a fondamento della Costituzione e della convivenza civile, democratica ed antifascista, solo in base alla quale possiamo chiamarci cittadini italiani.
Per concludere vorrei citare un costituente, partigiano combattente, Pietro Calamandrei dal suo Discorso sulla Costituzione ai giovani del 1955: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione,
andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati”.
Ecco perché siamo tornati oggi a Porta vecchia e continueremo a tornare qui tutti gli anni, il 15 giugno.

ORA E SEMPRE RESISTENZA

B. Corlito