Il pensiero del Presidente provinciale Agresti in relazione alla lettera aperta affidata alla stampa dal segretario del PCI, Luciano Fedeli

Apprendiamo dalla stampa che la segreteria provinciale del Partito Comunista Italiano ha scritto una lettera alla presidenza provinciale dell’Anpi; lettera che non abbiamo ricevuto al nostro indirizzo. Comunque, al di là dell’evidente disguido, desideriamo dire a Luciano Fedeli, Segretario provinciale del Partito Comunista Italiano, che l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Comitato provinciale di Grosseto, condivide l’esigenza di mantenere e sviluppare l’impegno nel contrasto del neofascismo, qui in Maremma e ovunque, da parte di tutte le organizzazioni politiche, sociali e culturali, come dei singoli cittadini, che si richiamano ai valori della Costituzione nata dalla Resistenza. E che si battono per difenderla dai ricorrenti tentativi di stravolgerla, reclamandone la piena attuazione. Il moltiplicarsi di provocazioni neofasciste dimostra che non ci troviamo davanti a casi isolati, dovuti a qualche mente malata, ma ad una vera e propria trama, sostenuta dal mondo del privilegio e finalizzata, in Italia, alla “ricostituzione del disciolto partito fascista” vietata dalla Costituzione stessa e dalle leggi vigenti. Al riguardo non sono ammesse sottovalutazioni, tanto più da parte delle istituzioni pubbliche: poiché ove la destra illiberale dovesse pescare consensi nel disagio economico e sociale che seguirà la pandemia il nostro Paese e l’Europa correrebbero il serio rischio di una decadenza autoritaria che del fascismo, se non la forma, conserverebbe l’anima. Questo ci spinge ad agire sia stando con maggiore efficacia sui molti casi di apologia o di squadrismo, provocandone la sanzione anche penale, sia portando avanti una efficace prevenzione con la penetrazione nei giovani e nelle aree sociali più espose degli ideali democratici della libertà, dell’uguaglianza e del rispetto reciproco. Devono sapere che non gliene perdoneremo una. Relativamente alla cena svoltasi a Casteldelpiano lo scarso 28 ottobre per celebrare la marcia su Roma abbiamo presentato denuncia alla procura. Altrettanto stiamo cercando di fare a carico dell’autore del post fascista condiviso su facebook dal vicesindaco di Manciano, scatenando una polemica che tuttora, insieme a voi, vede l’Anpi molto attiva con le richiesta delle dimissioni di quell’amministratore e della convocazione del consiglio comunale sulla brutta faccenda. Tocca ora alle forze politiche far sì che l’assemblea elettiva si riunisca al più presto, incalzando il sindaco. Da oltre due anni abbiamo formalmente invitato tutti comuni della provincia a non concedere locali e spazi pubblici, per la loro propaganda, a soggetti che non si dichiarino antifascisti: per ultimo ha deliberato quello di Massa Marittima; prima ancora i municipi di Follonica, Gavorrano, Arcidosso e molti altri. Mentre ci sono buone possibilità che tra chi ancora oggi manca ci saranno nuove adesioni al nostro appello. Nella scuola siamo impegnati a insegnare la Costituzione agli studenti delle medie superiori, compiendo una positiva esperienza apprezzata da più parti; dal prossimo anno, in accordo con le autorità scolastiche, incrementeremo la presenza nei vari livelli dell’istruzione in base alla convenzione Anpi-MIUR. Contemporaneamente stiamo lavorando nella società civile alla costruzione della più larga unità antifascista. Su questo impegno si conclusero gli Stati Generali dell’Antifascismo Maremmano, organizzati dalla nostra Associazione il 30 marzo del 2019 a Grosseto. Il coronavirus ha per il momento impedito l’attuazione di una serie di iniziative a questo orientate, contenute nel nostro piano di lavoro per il 2020. Le rilanceremo appena finita l’emergenza sanitaria. Stiamo pensando all’amalgama di un vasto campo che superi le differenti collocazioni politiche e culturali, nel quale confluiscano forze organizzate e singole personalità e cittadini, insieme alle istituzioni locali, senza rinunciare alla loro identità e alla loro autonomia. Se c’è bisogno di una nuova Resistenza contro gli impulsi autoritari, questa dovrà essere il più possibile plurale, come lo fu quella armata cui tutti noi ci richiamiamo, per risultare altrettanto vincente. Allo scopo occorre un pensiero politico rigenerato che a quello produttivista e consumista, ormai in crisi irreversibile, perché calpesta la dignità umana e mette in discussione la stessa vita sul pianeta, sostituisca un paradigma economico e sociale fondato sull’uomo, non più sul denaro; su tutti gli esseri umani, qualunque sia il colore della loro pelle. Si tratta di una tematica impegnativa e affascinante sotto ogni aspetto, che dovrebbe essere sviscerata quanto prima organizzando un confronto sul nuovo umanesimo tra la cultura laica e socialista e quelle religiose, con il contributo di eminenti studiosi e del mondo universitario. E su impulso dell’Anpi locale e nazionale. Siamo sicuri che su questo percorso, qui tratteggiato a grandi linee, cammineremo fianco a fianco noi e voi e le altre forze politiche democratiche e la vasta articolazione associativa del territorio e gli antifascisti grossetani più conseguenti. Eventualmente arricchendolo tutti insieme di quelle lotte che gli eventi rendessero necessarie.

FLAVIO AGRESTI, PRESIDENTE PROVINCIALE ANPI GROSSETO “NORMA PARENTI”

Settantaseiesimo anniversario dell’eccidio di Murci, il ricordo del tenente Gino

Quest’anno ricorre il 76° anniversario dell’eccidio del sottotenente Luigi Canzanelli, noto popolarmente come il tenente Gino, e il suo compagno, il soldato Giovanni Conti.

Siamo qui come Associazione Nazionale Partigiani d’Italia per commemorare il 76° anniversario dell’eccidio del sottotenente Luigi Canzanelli, a cui è dedicata questa caserma, noto nella leggenda popolare della Resistenza grossetana come il tenente Gino, e il suo compagno, il soldato Giovanni Conti. Di solito questa commemorazione avviene nel luogo dove avvenne l’eccidio sulla strada della Dogana nel Comune di Murci, il cui territorio era presidiato dalla banda partigiana costituita dal tenente Gino, una spina nel fianco della Guardia Repubblicana fascista. È uno degli episodi più salienti della Resistenza grossetana. Quest’anno a causa della pandemia siamo costretti ad utilizzare questo videomessaggio. Dentro la caserma è collocata la lapide, che riporta la motivazione del conferimento della Medaglia d’argento al valore militare al tenente Canzanelli.
Era la sera del 7 maggio 1944, al culmine di una serie di azioni di guerriglia contro il controllo fascista delterritorio come l’assalto all’ammasso di Murci per la distribuzione del grano alla popolazione ridotta alla fame, l’attacco alla Guardia Repubblicana di Samprugnano e di Cana e alla Questura di Grosseto dislocata a Preselle fino all’occupazione di Murci. È in corso un rastrellamento dei fascisti divisi in due gruppi per complessivi 60 uomini contro la banda partigiana. Il tenente Gino e il fidato Giovanni, soldato e contadino esperto dei luoghi, abbandonano Murci in direzione della strada provinciale con l’idea di attaccare i fascisti ed effettuare un alleggerimento. I fascisti, forse casualmente o perché indirizzati da una delazione, tendono un’imboscata ai partigiani con in testa il tenente Gino e Giovanni. Gino viene colpito da una raffica alla gamba destra e Giovanni muore sul colpo. Il tenente da terra urla ai suoi di ripiegare con un compagno ferito e ne copre la ritirata. Viene ucciso. I fascisti infieriscono sui due corpi a terra con numerosi corpi di pistola come attesta la testimonianza del parroco di Murci, che ricompose i corpi. Ciò conferma la gratuita e consueta barbarie fascista, che si pone fuori anche dai codici militari di guerra. Nessuno ha pagato per questo eccidio, derubricato a scontro militare, quando la legge del nuovo stato italiano puniva esplicitamente coloro che avevano partecipato ai rastrellamenti.
Chi era il tenente Gino? un uomo di valore come riconosce tutta la pubblicistica dell’epoca compresa quella di parte avversa per i timore che gli portava. Il giovane ufficiale di complemento, caduto a soli 22 anni, aveva scelto “la via dell’onore” come scrisse lui stesso in un’accorata lettera di giustificazione alla madre per la sofferenza, che le arrecava. Ma era l’onore che lei le aveva insegnato. Canzanelli era nato in Egitto e era stato allevato in un ambiente cosmopolita, fuori dall’indottrinamento fascista. Tornato in Italia, dopo la morte del padre, si iscrisse ad ingegneria al Politecnico di Milano, un ambiente estraneo alle logiche del regime e poi antifascista. Aveva una formazione laica e parlava quattro lingue. Sorpreso l’8 settembre 1943 tra Baratti e Vetulonia con la sua compagnia anticarro, cercò con il suo amico, sottotenente Antonio Lucchini di ricongiungersi con l’esercito regio sul fronte di Cassino, mantenendo fede al giuramento al re. In questo percorso per vie interne si trovarono a Montemerano nell’impossibilità di raggiungere il fronte. Qui cominciarono un’attività pedagocica di insegnamento alla popolazione con l’idea di costruire la banda partigiana in stretto rapporto con la comunità. Si distinse per una concezione moderna della guerra partigiana per bande con rapide azioni di guerriglia. Sempre solidale verso i propri compagni e generoso anche verso i nemici da passare quasi per ingenuo, era nota la sua tendenza a non giustiziare nessuno.
Per gli indubbi meriti la sua militanza partigiana è stata circondata da un’aura leggendaria nella tradizione popolare della Maremma. Ne ho avuto un’ultima eco nella testimonianza di uno dei suoi uomini, scomparso di recente, il partigiano Aroldo Colombini di Cana, che la sera del 7 maggio con la mitragliatrice che non abbandonava mai, stava di copertura troppo più in alto per potersi rendere utile.
Questi due partigiani italiani, Luigi Canzanelli e Giovanni Conti, testimoniano la Resistenza militare, che non si lasciò trascinare nel disonore del collaborazionismo con i nazisti e nella barbarie fascista. Attestano, qui contro ogni detrattore e ogni negazionista l’unità della Resistenza, che fu movimento di popolo con componenti militari, patriottiche, femminili e politiche di tutti gli orientamenti. Da quel sangue nasce la spinta unitaria , che produsse nel tormentato dopoguerra la nostra Costituzione repubblicana, democratica e antifascista, che è il nostro patto di cittadinanza, il cui riconoscimento fa di noi cittadini italiani.
Con la nostra modestissima presenza qui oggi testimoniamo che esistono “memorie che nessun evento varrà a cancellare” e che cercheremo di onorare anche quest’anno così difficile per le sorti del nostro paese.

L’equiparazione di “tutti gli estremismi” è sotto ogni aspetto assolutoria del fascismo

Quanto avvenuto lo scorso 25 Aprile a Manciano, e le cose che sono state fatte, dette e scritte nei giorni successivi, mi spingono a dire la mia, cercando di puntualizzare alcuni aspetti della questione.
Agresti25aprile
Nel tentativo di spiegarsi il Sig. Luca Pallini ha esplicitato un concetto giusto e condivisibile, quale la necessità che un pubblico amministratore dia sempre il buon esempio; inoltre ha compiuto il gesto dovuto delle dimissioni dalla carica di vicesindaco, respinte dal sindaco Morini. Però l’importanza di questi atti viene contraddetta da altre sue affermazioni relative sia al fatto che egli avrebbe cliccato il sole ridente sulla canzonaccia fascista “Faccetta Nera” con “leggerezza e superficialità”, mentre era indaffarato in faccende domestiche, sia alla propria contrarietà a “tutti gli estremismi di qualsiasi colore”. Ci torno sopra per la gravità del fatto e perché questo stimola una riflessione generale. E necessaria. La contraddizione c’è:
1 – perché a me, che sono imbevuto dei valori della Costituzione e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, non sarebbe mai venuto di assentire a quel post osannante Mussolini e le sue orrende marcette, neppure distrattamente. Se Pallini l’ha fatto vuol dire che è istintivamente disposto verso quei simboli e i disvalori che essi veicolano;
2 – perché l’equiparazione di “tutti gli estremismi” è sotto ogni aspetto assolutoria del fascismo, in quanto con essa i crimini consumati dal fascismo non sono più connessi con la natura del fascismo, ma vengono attribuiti ad una entità indistinta, così spalmando il crimine su un’area politica più larga.
Insomma: rossi e neri d’incanto diventano uguali, cedendo alla vulgata qualunquista, con la conseguenza di annullare almeno due differenze, che devono invece essere sempre tenute presenti insieme ad una precisa domanda e ad una conclusione logica. La prima differenza: mentre con lo stalinismo, ché di questo si parla, coloro i quali si richiamavano e si richiamano al comunismo hanno fatto i conti da più di mezzo secolo, i nipotini del duce devono ancora abiurare il fascismo e seguitano ad esaltarne le imprese e a comportarsi da teppisti. La seconda: nessuno più di noi, che rappresentiamo i Partigiani, è contrario alle dittature, ma in Italia abbiamo avuto il fascismo, e le rovine, i soprusi e i lutti che ha prodotto in venti anni di dominio; mai ci siamo trovati sotto il Cremlino. Da noi il partito comunista è stato, con altre correnti politiche, artefice della Liberazione, contribuendo a ridare agli italiani libertà e democrazia. La domanda e la conclusione logica: allora, che senso ha fare di ogni erba un fascio, tanto più adesso, che rischiamo di cadere in un autoritarismo che del fascismo reca l’anima, e con la sinistra alle prese con una crisi epocale? In queste condizioni nessuno sano di mente può sostenere che in Italia incomba una dittatura comunista.
L’unico senso si ricava dal fatto che alla censura di “tutti gli estremismi” solitamente ricorrono neofascisti e fiancheggiatori, presi con le mani nel sacco: per quanto essa sia una immagine priva di basi credibili, politicamente strumentale e propagandistica, consente a costoro non solo di sollevare il fascismo dalle proprie colpe storiche e politiche ma anche di stornare l’attenzione dalle vere minacce, facilitando la trama eversiva dell’estrema destra. Che questo sia avvenuto in Pallini consapevolmente o no, egli dovrebbe comunque confermare le proprie dimissioni, perché lo strappo resta. Come, con ben altre motivazioni, ha fatto l’ex assessore Riva. Altrimenti il sospetto di una sceneggiata è molto forte.
E qui vengo al sindaco. Glielo dico anche da ex sindaco a sindaco in carica: Pallini sarà pure un bravo amministratore, ma sopra l’efficienza tecnica ci stanno i valori sanciti dalla Costituzione. Su questa Morini ha giurato, impegnando la sua Amministrazione a rispettarne i precetti intrinsecamente antifascisti, se aveva ragione il Presidente Mattarella, allorché disse a uno studente che il fascismo è il contrario di quello che c’è scritto nella Costituzione. Qui non sono ammesse ambiguità né banalizzazioni, anche per il fatto che la dignità della persona e l’uguaglianza sociale, la libertà e la democrazia costituiscono la dimensione ideale delle istituzioni, prescindendo dalla quale la stessa efficienza amministrativa può risolversi in un disastro.
Puoi fare mille opere pubbliche, ma se queste non emancipano l’uomo dal bisogno, se non gli danno l’opportunità di realizzare se stesso, accompagnandole a servizi adeguati alla vita moderna, dopo tanto darti da fare è possibile che tu abbia esasperato i problemi sociali invece di risolverli; che tu abbia aggravato l’alterazione ambientale, invece di tutelare il territorio. Perciò quella che poniamo non è una questione che sta sulle nuvole; al contrario concerne la nostra vita di tutti i giorni.
Sicché il sindaco non può, anch’egli, derubricare a semplice “leggerezza” una manifestazione pubblica di simpatia verso il fascismo. All’inizio degli anni ’20 del Novecento era folklore: si è visto come andò a finire!
Davanti alle ricorrenti provocazioni neofasciste che allarmano l’Europa intera, nel cui contesto, pur nei suoi limiti, si ascrive ciò che ha fatto il suo vicesindaco, il Primo cittadino dica da che parte sta e assuma atti coerenti. L’occasione gliela suggeriamo noi dell’Anpi: per rispetto dell’istituzione convochi il Consiglio comunale e lì si esprima, insieme ai vari gruppi politici e a tutti gli amministratori, davanti ai mancianesi, prendendosene la responsabilità. Sarebbe auspicabile che egli, e chi altri volesse, si presentasse in quella sede con un documento da sottoporre al voto dei consiglieri. Proprio il 25 Aprile il Comune di Massa Marittima ha approvato all’unanimità la mozione che lo impegna a non concedere l’uso di sedi e spazi pubblici a soggetti che non si dichiarino antifascisti. Si facesse anche a Manciano sarebbe il modo più lineare e trasparente di chiudere la polemica e di sanare la ferita inferta questi giorni alla Comunità non soltanto locale.

FLAVIO AGRESTI, PRESIDENTE PROVINCIALE ANPI GROSSETO “NORMA PARENTI”