Discorso commemorativo per il “giorno del ricordo” del 2018

Compagne e compagni, cittadine e cittadini,
innanzitutto vi ringrazio di aver risposto così numerosi all’appello della sezione ANPI “Elvio Palazzoli” di Grosseto. Abbiamo pensato ad un gesto simbolico perché la convivenza civile di una comunità necessita anche di simboli, di riti e di tradizioni socialmente partecipate e dunque di una memoria attiva. Siamo qui per “pulire” le pietre di inciampo di tre cittadini grossetani deportati nel campo di sterminio nazista di Mauthausen. Ricordiamoli uno per uno: Albo Bellucci, Italo Ragni, Giuseppe Scoperani. Essi non tornarono a casa, l’unico sopravvissuto fu il loro compagno Tullio Mazzoncini come ricorda il bassorilievo dello scultore Bartolomeo Faccendi, regalato dalla famiglia e affisso alcuni anni fa nell’atrio della casa comunale di Grosseto. Le pietre d’inciampo sono dei blocchetti di pietra con un targa di ottone sopra, che l’artista tedesco Gunter Demnig  dal 1995 a partire da Colonia va collocando in tutta Europa dall’est all’ovest. Ne ha collocate fino ad oggi 56.000, affinché la memoria dell’olocausto degli ebrei e degli oppositori al nazismo ed al fascismo non venga dimenticata. Esse vengono definite “pietre di inciampo” non perché esse materialmente impediscono il passo. Infatti chissà queste tre di Grosseto dal 17 gennaio dello scorso anno, quando furono collocate, da quanti piedi sono state calpestate per cui meritano di essere pulite. Esse sono un inciampo della mente e della memoria, per cui chi si imbatte in esse e si china per leggere e compiere un gesto di deferenza e di ricordo deve riportarle alla luce dal passato e farle diventare pietra di edificazione del presente e del futuro. Le pietre di inciampo vengono incastonate nella pavimentazione stradale, di solito davanti alle case dei deportati nel normale contesto urbano, qui sono state collocate davanti alla casa comunale, non essendo reperibili le antiche case dei nostri tre concittadini. Il sindaco di Grosseto, su nostro invito, ha concesso il permesso per questo gesto simbolico, scusandosi di non poter partecipare perché è fuori Grosseto. La sua segreteria questa mattina ci ha comunicato che non si è trovato alcun sostituto che rappresentasse qui con noi l’amministrazione comunale, tutti gli interpellati avevano altri impegni. Non commento questo fatto perché esso si commenta da solo. Noi non rinunceremo mai a richiamare le istituzioni a manifestare apertamente il proprio volto antifascista dovuto al rispetto della nostra Carta Costituzionale. Le pietre di inciampo sono state qui collocate nell’ambito di un vasto progetto dell’Istituto Storico Grossetano della Resistenza e dell’Età Contemporanea, che attraverso il suo Presidente ha aderito a questa iniziativa, insieme al Presidente Provinciale dell’ANPI.
Ricordando brevemente i tre nostri cittadini deportati non citerò la loro fede politica: essi erano sicuramente antifascisti, fecero parte delle prime organizzazioni clandestine in pieno regime fascista, quando opporsi poteva costare grandi sofferenze fino appunto al sacrificio della vita. Italo Ragni, dovette emigrare in esilio in Francia molto presto per sottrarsi alla persecuzione fascista e dalla Francia fu deportato a Mauthausen, dove morì. Albo Bellucci e Giuseppe Scopetani facevano parte di quel piccolo nucleo di antifascisti che all’indomani dell’ 8 settembre del 1943 costituì il primo Comitato Nazionale di Liberazione grossetano e eroicamente si presentò, quando i fascisti fuggirono dalla città, al Prefetto di Grosseto per chiedere la consegna delle armi della forza pubblica. Quando nei mesi successivi i fascisti tornarono riorganizzati nella Repubblica Sociale, essi furono arrestati e deportati a Mauthausen, dove morirono in una della dependances (così definita con termine eufemistica) del campo di sterminio, quella più feroce di Gusen dove persero la vita. Un’altra pietra di inciampo recentemente è stato collocata davanti alla casa di Tullio Mazzoncini a Campospillo, dove avvenivano le riunioni clandestine di quel primo nucleo di antifascisti.
È necessario spiegare con chiarezza perché abbiamo scelto proprio il 10 febbraio per il nostro gesto simbolico, il “giorno del ricordo”, che commemora ai sensi della legge nazionale del 2004 le persone che furono gettate nelle foibe del Carso dai partigiani dell’esercito di Tito durante il loro tentativo di annessione dei territori a cavallo del confine italo-sloveno, detto anche più impropriamente “confine orientale”, locuzione che allude solo al punto di vista italiano. Tutti i confini sono luoghi complessi che sono sempre forieri di conflitti, spesso anche produttivi. I confini politici sono linee arbitrarie spesso tracciati secondo rapporti di forza che non corrispondono ai confini dei popoli, i quali tendono a mescolarsi. Lungo il confine italo-sloveno: un po’ di slavi stavano a Trieste e un po’ di italiani stavano a Fiume e nelle regioni vicine. Come recita l’articolo n. 1 della legge, il giorno del ricordo vuole conservare e rinnovare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». Vorrei osservare che la legge non distingue né per nazionalità, né per fede politica “le vittime delle foibe”, ma si rivolge agli italiani e a “tutte le vittime”. Per noi le leggi di una Repubblica democratica vanno rispettate, anche se possiamo criticarle, in nome di un principio superiore che è quello della legalità. Per noi non è accettabile ciò che è accaduto negli ultimi 14 anni e che corrisponde alla cosiddetta “memoria divisa”, cioè che il 27 febbraio la “giornata della memoria” commemora le vittime dell’Olocausto degli ebrei e degli oppositori del nazismo e del fascismo e il 10 febbraio è “il giorno del ricordo” che ricorda le vittime delle foibe. La verità storica è che nelle foibe ci sono anche per così dire i nostri morti: partigiani italiani di tutti i colori politici, non solo “bianchi”, “azzurri”, ma anche “rossi”. Questa distinzione è strumentale e viene sostenuta dai neo-fascisti: essi pensano che ognuno deve onorare i propri morti, stabilendo una sorta di confronto tra i morti, che vuole eguagliare le ragioni dell’antifascismo e quelle del fascismo. Per noi i morti sono morti, meritano rispetto, anche se non sono uguali perché storicamente si sono trovati gli uni dalla ”parte giusta”, quella della democrazia, della libertà, della pace, della dignità del lavoro, gli altri furono dalla parte “sbagliata” quella della dittatura, della schiavitù, della guerra, del razzismo e della soppressione dei diritti del lavoro. La legge sul ricordo delle foibe è stata voluta in nome della “pacificazione nazionale”, dobbiamo dire con chiarezza che essa per quanto auspicabile non potrà mai avvenire fino a quando coloro che si trovavano dalla parte “sbagliata” o, ancor peggio, coloro che se ne riconoscono eredi non abbiano riconosciuto seriamente e definitivamente il proprio errore. Allora la definizione di coloro che continuano ancora oggi a dirsi “fascisti del nuovo millennio” non è accettabile: il fatto di dichiarare di essere “nuovi”, appartenenti al nuovo millennio, non cancella il richiamo ad una ideologia autoritaria, razzista e liberticida. Infatti – come leggo in questo cartello portato da una di voi – “il fascismo non è un’idea, è un crimine”, la citazione è di Giacomo Matteotti, che fu ucciso per mano fascista per aver denunciato i crimini del regime, delitto pubblicamente rivendicato da Mussolini. Non è accettabile neppure l’equiparazione tra i due fenomeni storici, non torna neppure il conto della serva, per quanto non sia brillante da farsi sulla pelle dei morti: l’Olocausto nel campi di sterminio nazisti e fascisti ha riguardato milioni di morti, con tutto il dovuto rispetto le foibe riguardano 10.000 persone e l’esodo esodo degli istriani, fiumani e dalmati circa 250.000 persone.
Per capire la questione delle foibe così strumentalizzata dai neo-fascisti e dalle destre in generale possiamo far riferimento al documento su “Il confine italo-sloveno”, prodotto dall’ANPI nel 2017, che non può essere qui riferito in dettaglio, ma che vi invito a leggere. Esso è stato prodotto da un gruppo di studiosi, di cui uno grossetano, dell’ISGREC. Innanzitutto è stata preferita la denominazione “confine italo-sloveno”, al posto di quella della legge del 2004 di “confine orientale”. Infatti quel confine è orientale dal punto di vista dell’Italia, non da quello della Slovenia. La spiegazione del contesto storico in cui si sono determinate le foibe è complessa, ma qui mi limiterò ad indicare due motivi:
1. L’esercito partigiano di Tito era animato da sentimenti di rivincita e di vendetta, conseguenti alla feroce politica di “italianizzazione forzata” condotta dalle autorità italiane fasciste in quei territori slavi, ottenuti a seguito della vittoria italiana nella seconda guerra mondiale. È un motivo comprensibile, ma non condivisibile di quella che rimane un’azione di guerra riprovevole.
2. Quell’esercito perseguiva una linea politico-militare nazionalista di acquisizione di territori al nascente stato jugoslavo; la contesa è quindi è di tipo nazionalistico e non politico-ideologico. Questo spiega come partigiani titini di ispirazione comunista hanno potuto “infoibare” partigiani italiani dello stesso orientamento politico, come ho ricordato poco fa.
Quanto è accaduto nelle foibe ha una spiegazione, che rende la comprensione del fenomeno molto attuale per la situazione in cui ci troviamo oggi. Citerò una fonte al di sopra di ogni sospetto: il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Egli ha detto in occasione della giornata del ricordo che le foibe trovano motivazione nell’”odio etnico”, prima quello fascista italiano contro le popolazioni slave e poi quello slavo contro gli italiani. Questo ci porta direttamente all’odio razziale attuale contro i rifugiati e i migranti che sbarcano nel nostro paese. Questo ci porta al tentativo di strage dei giorni scorsi a Macerata. Oggi la destra, che giustifica e protegge anche legalmente l’autore della tentata strage, cerca di minimizzare il gesto, sostenendo che egli è un folle. Questo potrà accertarlo la magistratura (e comunque anche la follia è influenzata dai contenuti politici e ideologici presenti nella società), ma un fatto è certo il clima d’odio sparso a piene mani dalla destra xenofoba e razzista, in primo luogo il fascio-leghista Salvini, ha armato la sua mano. La morte della povera ragazza uccisa e fatta pezzi dagli spacciatori, che l’avevano in potere, è stata strumentalizzata per giustificare la tentata strage di Macerata. Questo assassinio è un reato comune di particolare ferocia indipendentemente dal colore della pelle e dalla provenienza etnica dei suoi assassini. Salvini allora è a tutti gli effetti il mandante morale della tentata strage di Macerata e questo getta un’ombra sinistra sulle prossime elezioni e sul governo che potrebbe uscire dalle urne. La nostra speranza è che la manifestazione antifascista e antirazzista che si svolge in queste stesse ore a Macerata possa pienamente riuscire
Noi crediamo che contro l’odio etnico, da sempre la premessa di ogni fascismo, debbano prevalere i valori democratici e antifascisti della nostra Carta Costituzionale: il lavoro, la pace, la libertà, la giustizia sociale. Per questo siamo qui a compiere il nostro gesto simbolico di pulire e riportare a splendore la memoria di coloro che diedero la vita per questi valori.

Beppe Corlito, presidente della sezione ANPI “Elvio Palazzoli” di Grosseto

anpi grosseto sez palazzoli

Manifestazione del 24 febbraio a Roma

In occasione della manifestazione nazionale “Mai più fascismi” del 24 febbraio 2018 a Roma, si comunica che l’ANPI provinciale “N.Parenti” ha prenotato un pullman per tale destinazione con partenza :

– ore 9,30 da Follonica davanti alla sede della CGIL ;

– ore 10,00 1^ sosta a Grosseto – Via Canada, nel parcheggio antistante il cinema Space;

– successiva sosta ad Albinia per i compagni della zona sud.

Quota di partecipazione € 15,00.

In un momento particolarmente delicato per le garanzie democratiche del nostro Paese, Vi invitiamo a partecipare alla manifestazione .

Per prenotazione tel 3459739562

Segreteria prov.le ANPI

Relazione del Presidente Agresti Flavio per domani.

ANPI PROVINCIALE GROSSETO

La riunione del Comitato Direttivo provinciale fissata per venerdì 9 febbraio è rinviata a

sabato 17 febbraio alle ore 10,00

sempre nella sede della CGIL in Via Rep. Dominicana e con lo stesso Ordine del Giorno:

1. Discussione piano di lavoro;

2. varie ed eventuali.

Fraterni saluti

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Segreteria Prov.le ANPI

Alleghiamo per conoscenza la relazione che il Presidente provinciale porterà dfomani alla riunione del Comitato Direttivo Provinciale.

Fraterni saluti

Segreteria prov.le ANPI

PIANO DI LAVORO PER L’ANNO 2018
Relazione del Presidente al Comitato provinciale

Premessa.

Al netto degli avvenimenti di Macerata (sui quali verrò più avanti) la campagna elettorale in corso è la più deprimente tra le tante svolte nel dopoguerra. I maggiori problemi del momento, quali: la pace, il cambiamento climatico e il superamento delle diseguaglianze, la difesa della democrazia, per citarne alcuni, non compaiono nel dibattito politico, a tutto vantaggio di una gara tra chi taglia più tasse, o promette più bonus, sollecitando in questo modo quel particolarismo che gonfia le vele della destra. Su alcune questioni di rilevante importanza, come il governo delle migrazioni e l’accoglienza, o la stessa sicurezza, non per caso è egemone un approccio razzista e securitario, ormai svincolato dal contesto evolutivo che avevamo imposto con le lotte nel passato.

In tutto questo si esprime la crisi della politica e, in essa, l’annaspamento delle forze progressiste e democratiche, che sembra abbiano smarrito le coordinate di un pensiero lungo, improntato alla giustizia sociale. L’ANPI, non è e non vuole diventare un partito; orgogliosamente si definisce la “casa di tutti gli antifascisti”, al di là della collocazione politica di ognuno degli aderenti. Ed anche per questo ha un importantissimo ruolo: quello di promuovere l’ancoraggio della vicenda politica italiana ai grandi valori che innervano il messaggio etico e morale dell’Antifascismo e della Resistenza, collocandolo nella prospettiva di un nuovo umanesimo finalizzato alla liberazione dell’uomo dalla dittatura del denaro e del profitto individuale. Se il denaro diventa un assoluto, cui tutto è subordinato, compresi i tempi della vita e le relazioni umane, l’economia smette di essere al servizio dell’uomo; gli diventa nemica. “Questa economia uccide” ha detto e ripetuto giustamente il Papa, spesso nella riprovazione dei potenti, ma anche nell’indifferenza di troppi di coloro i quali, pur rappresentando i più deboli, sembrano subire i condizionamenti di una ideologia altrui, che peraltro ha già mostrato i suoi grossi limiti. Il problema non è una “crescita” che il Pianeta non regge: è piuttosto l’equità nella distribuzione della ricchezza; è l’avvento di un nuovo stile di vita, basato su un più forte intreccio tra cultura e produzione di beni materiali.

La condizione per svolgere questa funzione è che si tenga fermo il valore della nostra autonomia, collocandoci sempre al di sopra del dibattito tra i partiti, per richiamarli, quando occorra, alle loro responsabilità. Specie a ridosso delle elezioni dobbiamo evitare anche soltanto di apparire collaterali a chicchessia, come Associazione, e schierati politicamente come singoli militanti e dirigenti; specialmente dovranno evitare il rischio quelli di noi che godono di un pubblico riconoscimento. Non si possono invitare i cittadini a votare contro gli atti del governo o a sostegno di essi. Meno che mai usando quadri murali o altri mezzi di comunicazione riconducibili in qualche modo all’ANPI, o qualificandoci come Partigiani iscritti o dirigenti dell’Associazione. Per noi quello che conta è incalzare governo e opposizione, come chiunque altro svolga attività politica, affinché tutti si pronuncino chiaramente sulle nostre istanze; e soprattutto assumano atti e decisioni chiari e coerenti.

L’antifascismo.

L’antifascismo è la nostra missione, la cornice entro la quale si svolge tutta la nostra attività. Se equidistanza c’è verso le forze politiche che appartengono al mondo democratico e che comunque si dichiarano antifasciste, nei confronti di quelle neofasciste la nostra posizione è chiara: mai alcuna, seppur minima, disponibilità verso chi non abbia preso le distanze dal ventennio o che professi il razzismo e la xenofobia e pratichi violenza e intolleranza. Per esse, più di quella di avversari, vale la categoria di nemici. Il crimine si combatte: e a chi, come il Sindaco di Grosseto, propugna una pacificazione evidentemente basata sulla rimozione della memoria, appellandosi al tempo passato e al pluralismo culturale e politico, continueremo a rispondere che il fascismo non è un pensiero, e che se vogliamo discutere seriamente, c’è una sola strada da percorrere: chi si richiama a quella dittatura preliminarmente dichiari di sposare i valori sanciti dalla Costituzione repubblicana; riconosca che l’Antifascismo e la Resistenza costituiscono il fondamento ideale dello Stato democratico; affermi, senza infingimenti, che il fascismo è stato, ed è, il male assoluto. Soltanto dopo questo lavacro purificatore potranno esistere le condizioni di una memoria condivisa. Se non lo faranno, come tutto lascia credere, sarà chiara la mala fede di certi “pacificatori” e, con essa, il vero scopo che li anima: far smobilitare l’Antifascismo nel momento in cui il neofascismo è aggressivo quanto mai nel dopoguerra, in Italia e in Europa.

A Macerata, dopo troppe altre azioni criminose dei neofascisti nel nostro Paese, si è verificato un vero e proprio atto terroristico. Ci siamo trovati di fronte ad un salto impressionante dell’offensiva neofascista, al quale dobbiamo assolutamente traguardare la nostra iniziativa, spingendo innanzi il nostro impegno anche rimodulando il rapporto tra lavoro culturale e mobilitazione di massa. Tuttavia è subito scattata la corsa alla minimizzazione. C’è stato chi ha attribuito la sparatoria su inermi e innocenti immigrati alla follia di un singolo; chi ha immediatamente chiesto il raffreddamento del clima. E c’è stato il Sindaco della città che ha voluto la sospensione di tutte le manifestazioni programmate, particolarmente riferendosi alla più grande e partecipata, quella antifascista; così contribuendo a far salire la paura tra i maceratesi, che si sono affrettati a sbarrare porte e finestre, come solitamente accade in America quando sta per abbattersi sulle case un rovinoso ciclone. Che il killer non abbia tutte le rotelle a posto è chiaro. Ma non si può tacere il fatto che la sua mano è stata armata dall’odio razziale che è stato diffuso specialmente dalla Lega e da quanti sperano di raccogliere facili consensi elettorali martellando l’opinione pubblica con l’argomento di una invasione inesistente, fino a raggiungere in questo delirio vette raccapriccianti, che ci riportano indietro di secoli, agitando minacce portate nostra cultura e alla sopravvivenza della stessa razza bianca. Purtroppo a tutto questo contribuisce una comunicazione troppo portata allo scoop e sempre in linea con il vento che tira; per altro verso contribuiscono anche coloro i quali invitano a non fare allarmismo e, parlando del fascismo al passato remoto, riconoscono alla galassia nera i diritti politici che la Costituzione invece nega loro.

Il rispetto delle istituzioni è sempre stato un nostro tratto distintivo, ma dando ascolto al Sindaco di Macerata, ANPI, ARCI e CGIL hanno commesso un errore. Sono state sottovalutate la necessità di una risposta a caldo, pronta e subitanea, e la spinta che in tal senso veniva dal polo antifascista, la quale ha avuto modo di esprimersi nella manifestazione che comunque c’è stata lo scorso 11 febbraio con la partecipazione di moltissime strutture e militanti delle stesse Associazioni che avevano ritirato la loro adesione ufficiale. Il messaggio è arrivato ai loro vertici nazionali, e so che a questo livello è in corso un confronto autocritico. Ma certe polemiche che si sono sentite e lette in questi giorni io le giudico eccessive: sarebbero state giuste se la decisione fosse stata quella di lasciar correre, di non mobilitarsi contro il neofascismo, quando è stato invece disposto di spostare la data e la sede della manifestazione. Dobbiamo fare di tutto affinché l’amarezza diventi motivazione a far si che il prossimo 24 a Roma ci troviamo in tantissimi a dar vita ad una dimostrazione veramente di massa, che incida negli avvenimenti. Abbiamo deciso di far partire da Grosseto anche un nostro pullman, insieme con quelli del sindacato. Diamoci da fare per riempirlo davvero, assicurandovi una nostra presenza vivace e combattiva.

Questo perché il fascismo non è soltanto roba per libri di storia; è una evidente minaccia dei nostri giorni. Lo è soprattutto adesso che la vita di tutti sta subendo una vistosa curvatura verso il basso, con la crescita delle disuguaglianze e con la perdita di diritti che ritenevamo definitivamente acquisiti, come altre volte è accaduto nel passato con esisti rovinosi particolarmente per i più deboli. Non è esagerato dire che per molti versi già stiamo tornando nel pre-moderno. Sappiamo che un nuovo fascismo non batte adesso alle nostre porte: molti sono gli anticorpi tuttora presenti, ma diciamo di stare all’erta. L’incrocio tra crisi economico-sociale e crisi della politica sta diventando crisi della stessa democrazia. E se l’attivismo dei neofascisti si saldasse con la dilagante sfiducia nelle istituzioni e con il montante populismo, indotti dal neoliberismo e dall’austerità imposta dalla direzione tedesca dell’Europa, il rischio della ricaduta in un autoritarismo di ritorno si materializzerebbe drammaticamente. Troppe sono le pulsioni volte a semplificare la complessità, magari comprimendo le garanzie costituzionali per lanciare la soluzione dell’uomo solo al comando, novello e improbabile taumaturgo.

La risposta a questa preoccupante deriva sta prima di tutto nella rimozione dei problemi, come il lavoro, il cui permanere costituisce il brodo di coltura del neofascismo; ciò per dare una prospettiva e nuova speranza alla gente. Sta in una forte iniziativa culturale e nella promozione dell’unità antifascista nel rispetto della diversità delle forze democratiche. Se il reddito fa magiare, il senso della vita lo dà la sensibilità ideale, la capacità critica. Ai giovani, dai quali abbiamo molto da apprendere in quanto portatori di futuro, dobbiamo insegnare specie nella scuola cosa il fascismo è stato. Dobbiamo dir loro che ridusse l’Europa in cenere e che lo farebbe di nuovo, perché la sopraffazione e la guerra sono scritte nel suo DNA. Specialmente dobbiamo mirare a far crescere in loro la consapevolezza del mondo, perché l’uomo colto è più libero e in grado di padroneggiare gli eventi invece di farsi padroneggiare da essi. Facciamolo anche collegando più direttamente le celebrazioni della Resistenza con l’attualità.

Dosando opportunamente pedagogia e mobilitazione, recentemente abbiamo sconfitto il tentativo di intitolare a Grosseto una via della città a Giorgio Almirante. E’ giusto attribuirsi parte del merito, poiché se nel ripensamento dell’iniziativa, troppo precipitosamente fatta propria da Vivarelli Colonna, si dice che abbiano pesato le divisioni interne alla maggioranza che governa il Comune, è d’altronde vero che su quelle divisioni noi abbiamo agito allargandole ulteriormente. Se non ci fosse stata l’iniziativa degli antifascisti, oggi ci sarebbe uno spazio pubblico dedicato al ras della Repubblica Sociale, in ossequio alla tanto agognata pacificazione. Avremmo subito un affronto insopportabile per la coscienza democratica dei grossetani.

Questo ci pone il tema del rapporto da tenere con il Comune di Grosseto e, in generale, con tutte le Amministrazioni locali dirette dalla destra. Generalmente si tratta di una destra di impronta liberale, ma che per vincere in molti casi ricerca e comunque ottiene i voti di chi apertamente si dichiara neofascista, subendone il condizionamento. Anche verso queste Amministrazioni abbiamo sempre tenuto un atteggiamento aperto alla collaborazione, e intendiamo mantenerlo, tenendo conto che l’Antifascismo è un valore trasversale che informa la nostra Repubblica, al quale specie i pubblici ufficiali sono tenuti a ispirare la loro azione, e alla luce della distinzione tra istituzioni, che sono di tutti, e combinazioni politiche che via via le gestiscono, per definizione associazioni di privati cittadini. Così ci siamo fino a qui comportati con il Comune di Grosseto, nonostante la presenza nella maggioranza consiliare di forze fasciste come Forza Nuova e Casa Pound. Ripetutamente abbiamo sollecitato il Sindaco a produrre un atto che, confermando la propria appartenenza al mondo democratico fondato sulla condivisione dei valori sanciti dalla nostra Costituzione, pubblicamente segnasse una distanza dell’Amministrazione da lui presieduta da quell’ideologia autoritaria e violenta che tanto è costata agli italiani. Lui si è sempre tenuto sul vago, evitando pronunciamenti chiari sul fascismo vecchio e nuovo, per dare largo spazio alla retorica della pacificazione nazionale, noi pensavamo per sfuggire alla clamorosa contraddizione in cui egli vive, tra l’aver dato legittimazione e casa ai neofascisti e il giuramento effettuato sulla Costituzione antifascista.

La mozione sulla concessione degli spazi pubblici presentata dal consiglieri del PD e della Lista Mascagni l’ha messo con le spalle al muro, costringendolo a prendere posizione sull’argomento. La posizione l’ha presa, ma di segno contrario a quella da noi auspicato. Ci ha stupito e amareggiato l’astensione nel voto in Aula del consigliere di “Passione Grosseto”, lista ispirata da Gianni Lamioni, ma soprattutto quella venuta dal M5S, dopo che aveva annunciato voto favorevole, e dopo tante professioni verbali di antifascismo. La motivazione, che si rifà alla campagna elettorale in corso, è disarmante: ci troviamo davanti ad una manifestazione di opportunismo politico da parte di chi definisce la propria identità rifiutando le degenerazioni della politica. La cosa più grave è stata la bocciatura dei principi che sostanziano la civiltà occidentale, sui quali poggia il testo della mozione, voluta dalla maggioranza di destra; ma principalmente è stato il clima che si è respirato nella seduta del Consiglio comunale dello scorso 13 febbraio. Lì sono stati sbeffeggiati platealmente, e impunemente, antifascismo e Costituzione con espressioni insopportabilmente spregiative. E’ stato detto “la vostra Costituzione” all’indirizzo dei promotori della mozione, evidentemente con la condivisione dello stesso Sindaco, visto che prima di votare contro il documento e applaudire platealmente l’esito della votazione, egli si è ben guardato dal richiamare i consiglieri della destra più intolleranti al dovuto rispetto di chi e cosa ha fondato la nostra democrazia; tra questi si è distinto per volgarità il rappresentate di Casa Pound, arrivato persino a strappare il documento in discussione. Così, a Grosseto, i fascisti saranno uguali a ogni altro soggetto politico e vi avranno piena cittadinanza il razzismo e la xenofobia.

E’ un atto politicamente forte, che dimostra quanto la maggioranza che governa il Comune capoluogo più che condizionata dal neofascismo ne sia addirittura diventata ostaggio. Un atto al quale deve seguirne uno nostro altrettanto forte, che dia il senso di un quadro politico sostanzialmente diverso. Non possiamo non riconsiderare il rapporto con questa Amministrazione: come, lo vedremo nei prossimi giorni, anche insieme al coordinamento regionale, già informato dell’accaduto, e alla direzione nazionale, per la rilevanza che la questione indubbiamente ha. Stanno avvicinandosi le celebrazioni della Resistenza e della Liberazione. Condividerle con questa gente è sempre più difficile; è diventato senz’altro insopportabile per il nostro popolo. A Maiano Lavacchio potrebbe parlare il nuovo Sindaco di Magliano, se insediato, oppure il Commissario prefettizio. Analogamente, visto il suo respiro provinciale, la celebrazione del 25 Aprile, in piazza Dante, potrebbe essere tenuta da un altro Sindaco, scelto magari tra quelli i cui Comuni hanno adottato la mozione antifascista. Al momento giusto chiederò un incontro alla Prefetta per motivarle le decisioni che avremo preso.

Appelliamoci a tutte le energie democratiche grossetane, compresi i moderati che hanno votato per questi Amministratori, per isolare i neofascisti dalla coscienza civile. Facciamolo intanto evitando di elevarli al rango di nostri interlocutori, sia pure indirettamente. Il 14 febbraio, presso la CGIL, si è svolta una riunione molto partecipata dei soggetti che hanno sottoscritto l’appello “Mai più fascismi!”; in quella sede, se sono emerse riserve sulla convocazione di una iniziativa pubblica per oggi pomeriggio in città (che resta comunque una necessità ineludibile), si è tuttavia deciso di mobilitasi, oltre che per la manifestazione del 24 a Roma, per la raccolta delle firme in calce all’appello medesimo. Con l’ingresso di esse, potrà meglio essere rilanciata l’attività del Comitato antifascista costituito da tempo, il quale dovrà operare seguendo criteri chiamente definiti, per dargli la necessaria carica propulsiva. Al contempo mettiamo mano ad un aggiornamento, adesso più che mai necessario, dell’analisi del fenomeno neofascista, della sua geografia e del suo insediamento sociale e culturale nel nostro territorio. Per adeguarvi la nostra azione di contrasto. Curiamolo come ANPI, insieme con quanti, soprattutto l’ISGREC, lavorano nel campo della ricerca storica e sulla contemporaneità, siano essi circoli e associazioni o singoli studiosi.

Ma i tempi saranno tutt’altro che brevi, mentre noi abbiamo la necessità di organizzare quanto prima una vera e propria giornata di lotta per la democrazia, a cui parteciperà Carla Nespolo, nuova Presidente nazionale dell’ANPI, che volentieri ha dato la propria disponibilità. Si è parlato genericamente di Convegno e di Assemblea; essa potrebbe inverarsi con la convocazione di una sorta di Stati Generali dell’Antifascismo, avente respiro regionale e la sede a Grosseto. Non si dovrebbe trattare di un seminario di studi, ma di una mobilitazione delle forze disponibili, offrendo loro una linea più precisa e coordinata, che abbia larga eco sui media, non soltanto locali, per il messaggio dinamico che lancerà. Per questo più che dei fascisti in quella sede dovremmo parlare di noi, dei valori che proponiamo e della battaglia che vogliamo dare per sconfiggere l’arroganza e la sopraffazione, contro ogni forma di il razzismo, di intolleranza e di violenza. Parlandone l’altro giorno alla stazione, Smuraglia ci invitava al riguardo alla massima concretezza. Con questa impostazione penso di dare ascolto al suo saggio consiglio.

Già dallo scorso mese di ottobre abbiamo recapitato tramite le sezioni una lettera ai sindaci della Provincia invitandoli ad adottare la delibera consiliare presa da molti Comuni, con la quale si nega la concessione di spazi pubblici ad associazioni che si richiamano al fascismo o comunque razziste e xenofobe. A quanto ne sappiamo, allo stato l’atto è stato approvato dai Comuni di Casatell’Azzara, Santa Fiora, Arcidosso e Monterotondo Marittimo, mentre altri stanno istruendo la pratica, che richiede la modifica dei regolamenti comunali se non degli Statuti. Il Comune di Gavorrano ha deliberato unanimemente, però stralciano il punto che prevede che la dichiarazione di appartenenza antifascista da parte dei richiedenti, con il dire che questo avrebbero dovuto fare tutti, compresi gli imprenditori, complicando le procedure amministrative. Ci siamo chiariti, risolvendo il problema con l’aggiunta della dizione: “fatta eccezione per le attività economico-commerciali”, per inserire la quale la delibera tornerà in Consiglio. Ne parlo diffusamente, per evitare casi analoghi in altri Comuni, invitando le nostre sezioni a verificare lo stato delle cose e a sollecitare i Sindaci e i gruppi consiliari, se necessario. Perché dopo quanto avvenuto nel capoluogo, l’iniziativa diventa ancora più importante. Un altro rischio è che dalle rappresentanze del centro e della destra si avanzi la richiesta di sostituire la parola “fascismo” con l’espressione “tutti i totalitarismi”, come è avvenuto in alcune zone della Toscana. Qualora ciò fosse riproposto in qualcuno dei nostri Comuni, dovremmo dire che non siamo d’accordo, perché questo rimuove i crimini del fascismo, e per il fatto che in Italia di totalitarismi c’è stato soltanto quello fascista, ed è il fascismo che rappresenta ancora un pericolo, come dimostrano le provocazioni continuamente messe in atto dai nipotini del duce. Il prossimo 23 marzo a Siena, il cui Sindaco è stato denunciato da Casa Pound per la delibera adottata, è prevista una manifestazione cui parteciperanno i Sindaci dei Comuni che hanno aderito all’iniziativa. Diamoci da fare per farvi confluire anche i nostri Primi Cittadini, sia quelli che già hanno provveduto sia coloro i quali lo vogliono fare. Con chi non ci desse ascolto dovremmo aprire una polemica senza sconti per metterlo nella condizione di doverne rispondere ai cittadini.

La richiesta di sciogliere le organizzazioni neofasciste, cominciando dalla più pericolosa Forza Nuova, resta sul tappeto con tutta la sua forza. Casa Pound parteciperà con propri candidati alle elezioni politiche, dando corpo ad un proposito annunciato da tempo. Precedenti vi sono stati qua e là in Italia, sempre alle amministrative, nelle quali i neofascisti hanno ricevuto un certo, allarmante, successo. Eppure la Costituzione è chiara al riguardo: il divieto della riorganizzazione “sotto qualsiasi forma” del disciolto partito fascista non ammette interpretazioni, come non le ammette l’anima antifascista della “Carta”. Chiare sono anche le leggi Scelba e Mancino, che costituiscono importanti strumenti di repressione del neofascismo, tali da rendere inutili nuove leggi. Ma fino ad ora abbiamo dovuto fare i conti con un difetto di volontà politica, che sconfina nella complicità, da cui deriva un orientamento molto discutibile affermatosi negli anni nella giurisprudenza: cose che di fatto rendono un non senso la norma transitoria della Costituzione, svuotandola. Secondo la Cassazione o la Corte Costituzionale, non ricordo bene, gridare in pubblico “viva il duce!” o fare il saluto romano non è reato se tali comportamenti non sono finalizzati alla ricostituzione del partito fascista. Ma, notate bene, non di un partito che si richiami comunque al fascismo, come chiaramente dice la Costituzione, bensì di quel particolare partito disciolto nel dopoguerra, non più disponibile in natura! Un capolavoro da sapienti azzeccagarbugli che produce la paralisi del contrasto amministrativo e penale del neofascismo. Altrimenti non si spiegano quelle assoluzioni che recentemente hanno indignato la maggioranza degli italiani.

Se ne esce soltanto lottando con giuste rivendicazioni. Sono quelle contenute nel già richiamato appello “Mai più fascismi!”, che 23 soggetti, tra partiti, sindacati e Associazioni, ANPI compresa, hanno sottoscritto e diramato lo scorso 3 gennaio. Localmente si dovrà assicurare la più larga diffusione del documento, per farlo conoscere e per realizzare moltissime adesioni. Entro il prossimo 2 giugno, data significativa, dobbiamo aver raccolto almeno due milioni di firme in tutta Italia, per farne un evento di massa che possa esercitare una pressione politica reale. L’inizio della campagna è avvenuto il 1 febbraio con una conferenza stampa che i promotori hanno tenuto nel museo di Via Tasso a Roma: una sede che parla da sola e che conferisce all’iniziativa la necessaria carica comunicativa. Tutte le nostre sezioni si diano da fare, anche promuovendo incontri e dibattiti pubblici sul complesso e sui singoli argomenti contenuti nel testo, con il pieno supporto del provinciale.

La Costituzione.

La Costituzione è figlia legittima dell’Antifascismo e della Resistenza; è una bella signora che porta bene i suoi 70 anni, avendo ancora molto da esprimere. Alla condizione che si continui a difenderla dai ripetuti tentativi di sfregiarla e ci si batta per la sua piena applicazione, spesso disattesa nei valori più qualificanti. Chi vuole vanificarla tornerà presto alla carica, nonostante il forte pronunciamento degli italiani avvenuto il 4 dicembre 2016. La sua anima sta nella rappresentanza e nella partecipazione popolare, quali espressioni istituzionali del conflitto sociale, per rendere effettiva quella “democrazia progressiva” immaginata dai Costituenti e chiaramente invisa agli interessi che perseguono il comando dall’alto, contrabbandandolo per efficienza, per quanto funzionale all’intento di rendere eterno e incontrastato il dominio della finanza sull’economia reale e del denaro su un uomo ridotto a consumatore passivo. Gli aggiornamenti che necessitassero alla Costituzione non potranno che avvenire nel segno di questa irrinunciabile caratteristica, rendendola più cogente.

La sua approvazione, e l’avvento della Repubblica, chiusero positivamente il ciclo storico aperto dal Risorgimento, dando il là ad un’epoca veramente nuova: il Risorgimento realizzò l’unità della nazione, ma fu una vicenda di èlite; la Costituzione e la Repubblica superarono questo limite, portando il popolo nello Stato. A ben vedere è ancora questo l’oggetto del contendere, essendoci forze potenti che il popolo vogliono estromettere di nuovo dalle Istituzioni, per tornare al 1861. Ma con Salvini al posto di Cavour.

Panebianco sul Corriere della Sera chiede la revisione anche della prima parte della Costituzione; Berlusconi rilancia la Repubblica presidenziale. Evidentemente la destra (o parte di essa) ha votato NO al referendum non tanto per convinzione, ma per calcolo politico: la modifica della Carta era ed è troppo importante per ragioni egemoniche e di potere, volendo quella parte politica intestarsi l’interlocuzione con i potentati che se ne vogliono sbarazzare, per lasciarla fare ad altri. Perciò se alle prossime elezioni, come i sondaggi ci dicono, prevalesse una destra per la prima volta a trazione addirittura neofascista, grazie al consenso raccolto dalla Lega e da Fratelli d’Italia, e se questa avesse i numeri per formare il governo, la Costituzione e la democrazia in essa disegnata correrebbero un serio pericolo. Sarebbe l’annunciato epilogo delle politiche condotte in questi anni, fondate sulla divisione delle forze progressiste: e speriamo che qualora si verificasse, questo scenario produca un sussulto nel nostro mondo, e chi deve farlo si sottoponga ad una autocritica vera. I neofascisti, che subodorano la vittoria, andranno tutti a votare. Se non diamo indicazioni di voto, una cosa dobbiamo farla assolutamente: invitiamo il nostro popolo a fare altrettanto, andando a votare in massa per i partiti che ognuno preferirà, non fosse altro per mettere in sicurezza la Costituzione. L’astensionismo spiana la strada agli altri. La militanza antifascista oggi si esprime anche attraverso il nostro impegno per ridurlo in limiti fisiologici.

Al tempo stesso dovrà essere sviluppato il nostro lavoro nelle scuole, approfittando della convenzione ANPI-MIUR. La lezione tenuta mercoledì 17 gennaio da Carlo Smuraglia ai ragazzi dei licei cittadini, aprendo la sesta edizione del corso di “A scuola di Costituzione”, è stato un successo. Non per caso ne è seguita una reazione strampalata da parte Blocco Studentesco e di un altro personaggio piovuto da qualche anno a Grosseto, notoriamente fascista. I loro comunicati trasudano rabbia per quella che essi vedono come una intromissione dell’ANPI nella scuola, considerandola un proprio terreno di caccia. Noi rispondiamo agli argomenti, comunque proposti da ambienti democratici, non agli sproloqui e agli insulti, tanto meno se sparati dal neofascismo. Hanno replicato duramente la scuola e altri soggetti dell’universo antifascista: e questo ci conforta e ci appaga. Specialmente ci incoraggia l’incitamento venuto dalla Prefetta che, nell’accomiatarsi dopo il suo significativo saluto, per impegni che la chiamavano a Roma, mi ha raccomandato di continuare con queste iniziative.

Quell’incitamento lo raccoglieremo replicando l’esperienza nelle altre località della provincia che ospitano istituti di media superiore. Ce lo ripromettiamo da tempo, ma adesso dobbiamo prenderci l’impegno di organizzare per l’anno scolastico 2018-2019 corsi sulla Costituzione almeno nei licei di Follonica e Massa Marittima, per fare altrettanto in quelli di Arcidosso e Orbetello negli anni seguenti. Le sezioni interessate potranno contare nel supporto dei compagni che da tempo stanno lavorando sul progetto a Grosseto. E su quello del provinciale.

Il razzismo.

Riprendo al riguardo un passo della lettera che scrivemmo a Vivarelli Colonna per scongiurare il rischio di ritrovarci via Almirante. Dicevamo al Sindaco di Grosseto: “Il fascismo ha nel suo DNA l’intolleranza verso il diverso, talvolta spinta fino alla guerra. Le migrazioni in atto diventano l’occasione per scatenare campagne isteriche e xenofobe contro gli immigrati, alla ricerca di qualche consenso presso un’opinione pubblica impressionata da una informazione troppo incline al sensazionalismo. Eppure gli immigrati sono esseri umani come noi, ai quali il colonialismo ha sottratto, e il neocolonialismo di oggi continua a sottrarre, il necessario per vivere dignitosamente. Noi occidentali consumiamo da secoli anche quelle risorse che una distribuzione più equa della ricchezza disponibile nel mondo avrebbe riservato loro. Se è arrivato il momento di restituire una piccola parte di ciò che abbiamo preso e prendiamo, dobbiamo farlo per ragioni di giustizia oltre che di solidarietà, lavorando contemporaneamente a regole internazionali di scambio commerciale più lungimiranti e improntati al reciproco rispetto e alla pace tra i popoli. Il mondo è cambiato e la violenza non restaurerà quello che non ci sarà mai più, ma acuirà i contrasti, speriamo non fino al punto di mettere a repentaglio la convivenza civile. Ciò nonostante il neofascismo si accanisce contro i cosiddetti ‘exracomunitari’, inventandone di tutti colori per portare odio razziale anche là dove gli immigrati si sono sostanzialmente integrati nella Comunità di accoglienza o non costituiscono un vero problema. Come nel grossetano”.

Non mi sembra ci sia molto da aggiungere per motivare il nostro impegno contro ogni forma di razzismo e a sostegno delle iniziative volte all’accoglienza e alla solidarietà, come quelle attivate da molti dei Comuni maremmani. Questo è il modo di vincere la paura, per una islamizzazione immaginaria, sparsa a piene mani in questa campagna elettorale, specie dalla Lega. La clandestinità si combatte non con la polizia e con i respingimenti, ma aprendo corridoi umanitari, che peraltro evitino di far morire gente in mare, e abolendo l’odiosa distinzione tra immigrati che fuggono dalla guerra e quelli cosiddetti “economici”; ovvero persone che soffrono la fame. L’integrazione non significa renderli uguali a noi; vuol dire rispetto della loro identità culturale nell’ambito della Costituzione e delle leggi italiane. Nel loro rifiuto, per molti versi dovuto ad una Europa egoista e bachiera, si esprime l’imbarbarimento della società, nel quale alligna il fascismo; nell’accoglienza, regolata e gestita secondo criteri di giustizia, uno sguardo lungimirante e onesto che veda nella formazione di un uomo nuovo, l’energia capace di costruire un nuovo mondo sulle rovine di una modernità che sta portando il Pianeta al disastro ambientale e ad un declino epocale rovinoso.

La legalità.

Facendone un tutt’uno con le migrazioni, nel campo della legalità siamo portati a trascurare altre e più importanti problematiche che si affacciano anche nel nostro territorio, infatti nell’indifferenza della Comunità e della politica. Penso all’infiltrazione mafiosa, che può giungere a minacciare la convivenza civile. Non siamo a Corleone e nemmeno a Ostia, sia chiaro: ma non possiamo non tener presente il fatto che le caratteristiche della Maremma, che vanta un grande potenziale di sviluppo economico, e perciò degli affari, la rendono appetibile per il riciclaggio di capitali sporchi. E non possiamo sottovalutare il rischio che tanta elevata disponibilità finanziaria sia vista addirittura con favore in una zona affamata di investimenti. Ce lo dicono quello che sta accadendo nelle aree più ricche della Toscana, e i segnali allarmanti che sono venuti dalla nostra provincia, quali la presenza del caporalato. Una recente inchiesta del tg3 regionale ha messo in luce come il porto di Livorno sia in parte controllato dalla ‘ndrangheta, nonché vari casi di vessazione mafiosa ai danni di imprenditori dell’area fiorentina, con la richiesta del “pizzo” e altre forme di violenza finalizzate all’acquisizione delle loro attività. E’ più o meno quello che è capitato ad un artigiano follonichese messo sotto pressione da un commercialista del luogo e dal suo mazziere, poi arrestati. Noi abbiamo reagito subito con un comunicato e promuovendo, insieme ad altre Associazioni e al Comune, una affollata assemblea al cinema Tirreno. Purtroppo altrettanta sensibilità non si è registrata nel mondo economico e tra le forze politiche della città e provinciali. Il presidente della Fondazione Caponnetto e il giornalista della Rai, autore dell’inchiesta citata, hanno introdotto il tema dilungandosi nella descrizione di uno scenario regionale da non credere, molto meno nella situazione locale a causa della mancanza di quell’Osservatorio che pure era funzionante negli anni scorsi presso l’Amministrazione provinciale; per cui mancavano loro le indispensabili informazioni. Ecco, proprio la ricostituzione di questo Osservatorio, e la continua sollecitazione della Comunità e delle sue espressioni organizzate a darsi una mossa, devono costituire l’asse portante della nostra iniziativa in questo campo nel futuro prossimo. Perché la sconfitta del malaffare è la precondizione della democrazia: dove prevalgono i boss e i loro famigli non c’è più politica, non c’è libertà, ma soltanto violenza, sottomissione e sudditanza, paura.

La questione è socio-culturale e insieme economica, e perciò non può che far capo alla politica; a fronteggiarla non possono essere lasciate la polizia e la magistratura che, per quanto efficienti, poco possono contro un fenomeno tanto complesso. Anche qui ci vuole più prevenzione che repressione.

L’ANPI grossetaana.

Restano alcune cose da dire sulla nostra Associazione. Nel 2016 abbiamo superato la soglia dei 500 iscritti; del 2017 mancano i dati definitivi, ma stando alle tessere distribuite alle sezioni e quelle tornare da esse al provinciale, è prevedibile un ulteriore aumento. Non ci facciamo prendere da facili entusiasmi; però questa tendenza all’incremento degli iscritti non possiamo non considerarla il risultato di un crescete insediamento dell’ANPI nella Comunità. Iniziative politiche sono state prese e mai come adesso siamo stati presenti nelle cronache, diventando protagonisti del dibattito pubblico. Dobbiamo continuare a crescere: e a questo proposito sarebbe utile una analisi approfondita della nostra forza organizzata, relativamente all’età, al sesso, al titolo di studio, alla condizione sociale e a quanto altro necessario. Per sapere chi siamo e superare eventuali limiti in aree strategiche per l’Associazione, quali la scuola, gli uffici e le fabbriche. Già se ne sta occupando il compagno Capanni, esperto e appassionato di statistica.

Purtroppo la media-tessera è troppo bassa. I 10 euro sono il limite minimo, sotto il quale non si va se non in casi di particolare bisogno e a carico delle sezioni, non il valore assoluto. Stante l’attuale suddivisione, per ogni tessera rilasciata a 10 euro, al provinciale resta un solo euro. E con questo si fanno davvero pochi salti. Per cui l’agganciamento della contribuzione degli scritti al loro reddito effettivo, diventa la condizione per concretizzare effettivamente i programmi di lavoro via via decisi dagli organismi.

Domani mattina si fonderà la nuova sezione di Monticello Amiata, che alla partenza conta più di 20 iscritti. Nel corso di quest’anno dobbiamo fare altrettanto a Orbetello e a Castiglione della Pescaia: due cittadine nelle quali l’ANPI non può mancare. Alcuni residenti in quelle località risultano iscritti in sezioni vicine: essi costituiscono i nuclei delle nuove sezioni che ci proponiamo di organizzare. Problemi sul piano organizzativo si sono registrati a Roccalbegna, a Scansano e a Roccastrada, ripercuotendosi sull’ esito del tesseramento. Serve un subitaneo sforzo per risolvere i problemi ivi registrati. Il traguardo dei 600 iscritti in provincia è realistico; al raggiungimento di questo obbiettivo dobbiamo tutti lavorare con la massima convinzione.

C’è da mettere mano alla formazione e al consolidamento dei gruppi dirigenti. Alla metà circa del percorso da un congresso all’altro è il tempo di ridefinire l’assetto del provinciale, impegnando le energie che in questi mesi si sono affermate. La stessa cosa facciano le sezioni, anche in occasione delle loro assemblee annuali, che costituiscono un adempimento statutario ineludibile. Sotto questo aspetto è di fondamentale importanza il corso di formazione che stiamo organizzando, con inizio alla fine di febbraio e conclusione a maggio. E’ finalizzato agli iscritti, ma vogliamo allargarlo alle associazioni sociali e culturali che si collocano nell’antifascismo, i cui dirigenti è bene che si misurino con i valori che proponiamo. E’ importante anche per costruire rapporti tra noi e questa area che, nella parte impegnata sulle questioni economiche, rischia di essere risucchiata dalla dinamiche e dalle tare ideologiche del mercato. Perciò, l’invito che rivolgiamo alle nostre organizzazioni territoriali, e a questi nostri interlocutori, è di darsi da fare per rendere possibile la più larga partecipazione alle lezioni programmate.

Nel corso del 2018 investiremo risorse umane e finanziarie nel funzionamento di una comunicazione all’altezza delle necessità, sia verso gli iscritti e le sezioni, sia verso l’esterno. Qui corre l’obbligo di un richiamo conclusivo alla partecipazione alle riunioni che periodicamente si convocano dei presidenti delle sezioni, per affrontare le problematiche sul tappeto, e che fino ad ora sono state disertate dalla maggioranza degli invitati. Se vi sono difficoltà oggettive, vediamo come rimuoverle. Questo strumento di comunicazione interno al gruppo dirigente è troppo importante per il buon andamento dell’attività complessiva per lasciarlo cadere.

17 gennaio 2018.

CORSO DI AGGIORNAMENTO COSTITUZIONE E STORIA DELL’ITALIA REPUBBLICANA. I PERCORSI DEGLI ITALIANI IN UN PAESE IN TRASFORMAZIONE

CORSO DI AGGIORNAMENTO
COSTITUZIONE E STORIA DELL’ITALIA REPUBBLICANA.
I PERCORSI DEGLI ITALIANI IN UN PAESE IN TRASFORMAZIONE

In occasione del 70° anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione, grazie al sostegno della Regione Toscana, la rete degli istituti toscani della Resistenza, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale, propone un corso di formazione gratuito per docenti di scuola superiore sulla storia della Repubblica alla luce del testo costituzionale, così da coglierne il rapporto con la società italiana nel succedersi delle generazioni e delle profonde trasformazioni culturali, economiche e politiche della penisola dall’uscita dal secondo conflitto mondiale ad oggi. Il corso è la prima tappa di un più ampio progetto che intende mettere gli studenti al centro di un lavoro di approfondimento e riflessione sui tali temi, rendendoli protagonisti di una riflessione sui valori costituzionali e sulla più recente storia nazionale. Un gruppo di docenti che si dichiareranno disponibili si impegneranno a lavorare con le proprie classi (preferibilmente terze o quarte) sui temi prescelti. I frutti di questi lavori saranno presentati in occasione di un Convegno provinciale nell’autunno del 2018.

In allegato il programma del corso organizzato dall’Istituto di Grosseto, che in quanto ente riconosciuto dal MIUR certificherà le ore di presenza.
Visto il grande numero di richieste provenienti dalla scuola, il corso sarà aperto e certificato anche agli insegnanti della scuola superiore di primo grado.

Info e iscrizioni: ISGREC | Via De’ Barberi, 61 | 58100 Grosseto | Tel/fax 0564 415219 | segreteria@isgrec.it | http://www.isgrec.it

manifestazione della sezione ANPI del 10 febbraio alle 10.30 davanti al Palazzo Comunale

Care/i compagne/i, vi ricordo quanto abbiamo deciso insieme all’assemblea di sezione di sabato 3 febbraio 2018, di organizzare una delegazione di massa per “la giornata del ricordo” il prossimo 10 febbraio alle ore 10.30 davanti alla palazzo comunale di Grosseto allo scopo di pulire le “pietre di inciampo” ivi collocate, nell’ambito di un progetto dell’ISGREC, parte di un più vasto progetto europeo di memoria dei deportati nei campi di concentramento e di sterminio nazisti. Le pietre di inciampo ricordano tre deportati grossetani Albo Bellucci, Giuseppe Scopetani, Italo Ragni, morti a Mauthausen e a Gusen. Sarà tenuto un breve discorso commemorativo. L’iniziativa è stata approvata dal sindaco di Grosseto e dal presidente dell’ISGREC. Qui sotto trovate una breve descrizione del progetto delle “pietre d’inciampo” e in allegato il documento ufficiale dell’ANPI Nazionale sul confine italo-sloveno, che inquadra l’episodio delle foibe nel suo contesto storico atto a comprenderne il significato e a sottrarlo alle strumentalizzazioni della destra neofascista. Stante il breve tempo dell’organizzazione siete pregati di diffondere questa comunicazione a tutti gli interessati di vostra conoscenza. Saluti antifascisti Beppe Corlito Le Pietre d’inciampo (Stolpersteine) sono un progetto dell’artista tedesco Gunter Demnig. L’iniziativa, attuata in diversi paesi europei, consiste nell’incorporare, nel tessuto urbano delle città blocchi in pietra con piastre in ottone della dimensione di un sampietrino (10 x 10 cm), davanti alla porta della casa in cui abitò la vittima del nazismo o nel luogo in cui fu fatta prigioniera; sulla piastra sono incisi il nome della persona, l’anno di nascita, la data, l’eventuale luogo di deportazione e la data di morte, se conosciuta. Questo informazioni intendono ridare individualità a chi si voleva ridurre soltanto a numero. L’espressione “inciampo” deve dunque intendersi non in senso fisico, ma visivo e mentale, per far fermare a riflettere chi vi passa vicino e si imbatte, anche casualmente, nell’opera. L’iniziativa è partita a Colonia nel 1995 e ha portato, a inizio 2016, all’installazione di oltre 56.000 “pietre” in vari paesi europei: Germania, Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Paesi Bassi, Balgio, Lussemburgo, Norvegia, Italia, Francia, Spagna, Svizzera, Gracia, Ucraina, Slovenia, Croazia, Romania e Russia. A Grosseto saranno installate nel gennaio 2017 tre pietre d’inciampo, dedicate alla memoria di 3 deportati politici grossetani: Italo Ragni, nato a Campagnatico nel 1900, internato a Gusen il 27/06/1939, morto a Mauthausen il 06/05/1941 Giuseppe Scopetani, nato a Grosseto nel 1904, deportato politico a Gusen, morto a Gusen il 18/02/1945 Albo Bellucci, nato a Orbetello nel 1907, deportato politico a Gusen, morto a Gusen il 22/04/1945

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