Nell’estate del 1971 alcuni storici dell’Università di Pisa rinvennero negli archivi del comune di Massa Marittima la copia anastatica di un manifesto, a firma di Giorgio Almirante, che riportava quanto segue:[52]
« PREFETTURA DI GROSSETO
UFFICIO DI P. S. IN PAGANICO
COMUNICATO
Si riproduce testo del manifesto lanciato agli sbandati a seguito del decreto del 10 aprile.
“Alle ore 24 del 25 maggio scade il termine stabilito per la presentazione ai posti militari e di Polizia Italiani e Tedeschi, degli sbandati ed appartenenti a bande. Entro le ore 24 del 25 maggio gli sbandati che si presenteranno isolatamente consegnando le armi di cui sono eventualmente in possesso non saranno sottoposti a procedimenti penali e nessuna sanzione sarà presa a loro carico secondo quanto è previsto dal decreto del 18 Aprile. I gruppi di sbandati qualunque ne sia il numero dovranno inviare presso i comandi militari di Polizia Italiani e Tedeschi un proprio incaricato per prendere accordi per la presentazione dell’intero gruppo e per la consegna delle armi. Anche gli appartenenti a questi gruppi non saranno sottoposti ad alcun processo penale e sanzioni. Gli sbandati e gli appartenenti alle bande dovranno presentarsi a tutti i posti militari e di Polizia Italiani e Germanici entro le ore 24 del 25 maggio. Tutti coloro che non si saranno presentati saranno considerati fuori legge e passati per le armi mediante fucilazione nella schiena. Vi preghiamo curare immediatamente affinché testo venga affisso in tutti i Comuni vostra Provincia.”
p. il Ministro Mezzasoma – Capo Gabinetto
GIORGIO ALMIRANTE
Dalla Prefettura 17 maggio 1944 – XXII »
Il manifesto fu pubblicato il 27 giugno 1971 dal quotidiano l’Unità col titolo Un servo dei Nazisti. Come Almirante collaborava con gli occupanti tedeschi[56].
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Enrico Rossi
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La memoria non si cancella.
Consideriamo cari sindaci, cari amici e compagni, partigiani dell’Anpi, democratici di ogni orientamento ideale e politico, se non sia venuto il momento di organizzare una grande manifestazione antifascista, popolare e pacifica.
Un consigliere comunale di Grosseto senza che il sindaco si opponga vorrebbe intitolare una strada a Giorgio Almirante, comandante fascista repubblichino certificato.
Il sindaco di Monterotondo gli risponde ricordando la strage di Niccioleta.
“Nella mia famiglia quando raccontavano di nonno Ezio, il mio bis nonno, la voce si abbassava. Ucciso dai nazi fascisti. Era come se mio nonno rivivesse nelle parole di dolore per quel giugno 1944. Il pudore del dolore mi è stato maestro.
Li chiamiamo ancora oggi i Martiri della Niccioleta. Nonno Ezio – racconta il sindaco – era un lavoratore della miniera di pirite di Niccioleta. Nel 1944 presidiava gli impianti insieme ai suoi compagni per impedirne la distruzione dei nazifascisti in ritirata. Fascisti e nazisti il 13 giugno 1944 entrarono in paese e rastrellarono quasi 200 persone per punirli di non aver obbedito all’ordine firmato da Giorgio Almirante e affisso in ogni paese della provincia. Sei minatori furono uccisi subito davanti allo spaccio aziendale di Niccioleta. 144 tra uomini e ragazzi furono portati a Castelnuovo Val di Cecina. Il 14 giugno seguente, in una cava dismessa ne furono trucidati 77. Le vittime erano venute a Niccioleta per lavorare, molte erano originarie di Santa Fiora, e quel dolore è spalmato in tutta la nostra provincia”. “Giorgio Almirante mi ricorda quell’eccidio. È responsabile di quei morti e di altre azioni causate dal tristemente famoso manifesto agli sbandati di Paganico che lui firmò. Niccioleta non fu un’azione di guerra in cui truppe nemiche si fronteggiarono. La ferita è nei ricordi e la memoria non si cancella, così come nessun sindaco di Grosseto – afferma ancora il primo cittadino di Monterotondo – ha mai cancellato quella scritta vergata con il gesso sulla lavagnetta che è posta dietro la scrivania del primo cittadino del capoluogo. C’è scritto `Mamma, Lele e Corrado un bacio` (ndr in riferimento a Corrado e Emanuele Matteini morti fucilati da nazifascisti) e sono quei sentimenti strappati alla vita che vengono ricordati in piazza Martiri d’Istia. Le strade, i luoghi di vita, onorano gli esempi, non possono onorare i portatori di morte”.