ARCIDOSSO. Sulle note di bella ciao l’Anpi provinciale e amiatino, il Comune di Arcidosso e i tanti parenti e amici hanno detto addio, ieri al cimitero di Arcidosso, a Leonardo Lazzeroni, l’ultimo partigiano rimasto in vita della zona amiatina. Aveva 92 anni.
Leonardo se n’è andato la mattina di Natale all’ospedale di Castel del Piano, dopo una malattia di circa due mesi, che gli aveva solo smorzato ma non tolto la voglia di vivere e di raccontare alle giovani generazioni la resistenza e l’esperienza partigiana. Leonardo Lazzeroni era partigiano medaglia d’oro. Un carattere forte e fiero, con la voglia di tramandare la scheggia di storia di cui era stato protagonista, la lotta partigiana. Quella medaglia a cui teneva tanto, gli era stata consegnata lo scorso giugno, per i suoi meriti di partigiano, dal sindaco di Arcidosso Jacopo Marini, dal coordinatore Anpi Amiata Emilio Landi e dal presidente Anpi provinciale Flavio Agresti.
«Lazzeroni- ricorda Emilio Landi – apparteneva al raggruppamento Spartaco Lavagnini, con altri partigiani, fra cui Liviano Quattrini e Moreno Fiorelli. Erano stati soprattutto Quattrini e Lazzeroni a fare dell’informazione sul periodo della resistenza, entrando nelle scuole e raccontandosi ai ragazzi». Leonardo Lazzeroni, che come partigiano era stato soprannominato Volpe, apparteneva a una storica famiglia della frazione di Bagnoli, che conta almeno un altro partigiano, Alfideo Lazzeroni.
Leonardo combatté con la banda del tenente Gino a Manciano, Cana, Abbadia e una volta rientrato in montagna, entrò con altri partigiani dell’Amiata nella Brigata Spartaco Lavagnini. L’ha raccontato lui stesso in una lunga intervista rilasciata a Nedo Bianchi, lo storico di Murci che ha dato recentemente alle stampe “Il tenente Gino e il soldato Giovanni”, edizioni Ets. In un passaggio del libro Lazzeroni racconta allo storico come grande fosse la voglia di conoscere il mitico tenente Gino e che in sei aspiranti partigiani arrivarono a piedi al Pelagone per conoscerlo. Ne avevano sentito parlare già quando il tenente era rinchiuso nelle carceri di Arcidosso, prima che Canzanelli riuscisse a fuggire, ricompattando poi gli uomini e avviando la fase operativa e territoriale: «In tutto eravamo in sei di Arcidosso – raccontava Leonardo a Bianchi – Lo trovammo e ci si presentò. Il tenente Gino ci guardò serio e ci disse se eravamo davvero convinti, perché saremmo andati incontro alla fatica, alla fame, al freddo e anche alla morte e che, fatta una scelta, non potevamo più ripensarci». Dopo che i sei furono arruolati venne organizzato un commando, composto anche dal gruppo amiatino, per sabotare il ponte sul Fiora presso Montalto di Castro che veniva usato dai tedeschi per il passaggio di automezzi e rifornimenti al fronte di Cassino. «Io – racconta Lazzeroni a Bianchi – partecipai alla missione per Montalto di Castro il 23 gennaio 1944 per far saltare il ponte. C’era anche Liviano Quattrini: 40 chilometri a piedi si fecero con due muli e un somaretto, agli animali erano stati tolti i ferri perché non facessero rumore.Dopo sistemato l’esplosivo e i detonatori, ci si allontanò di circa 500 metri. Il tenente ci disse come dovevamo stare sdraiati per terra e fece brillare. Il ponte non crollò del tutto, si piegò da una parte e i tedeschi non si fidarono più a farci passare i camion: il ponte crollò dopo qualche tempo. Rimanemmo con la Banda fino ai primi di marzo, poi si tornò in montagna e si entrò nella Brigata Spartaco Lavagnini».
Dopo la fine della guerra Leonardo era diventato minatore nelle miniere di mercurio dell’Amiata e aveva messo su famiglia: la moglie, scomparsa anni fa, due figli,
un maschio e una femmina, che gli avevano regalato tre nipoti a lui molto vicini nei due mesi d’ospedale. I funerali si sono celebrati alla chiesa dei Cappuccini di Arcidosso e prima della sepoltura nel camposanto arcidossino, Leonardo è stato salutato dall’inno dei partigiani, bella ciao.