70 anni or sono, durante incontro pubblico un partigiano anarchico, contrario ad ogni associazione d’arma, si dichiarava certo che l’Italia, abbattuto il fascismo e riconquistata la libertà, non avrebbe più avuto bisogno dei partigiani e auspicava l’estinzione dell’ANPI insieme a quella dei suoi aderenti. A queste affermazioni replicò il partigiano (capitano) Pietro Verdi, che sarebbe rimasto per circa 40 anni presidente dell’Associazione Partigiani d’Italia, sostenendo che, anche se i partigiani fossero necessariamente scomparsi, le loro idee sarebbero comunque sopravvissute per sempre.
La nostra presenza qui oggi gli dà evidentemente ragione. Infatti, malgrado che le generazioni che hanno vissuto la resistenza volgano al termine (siamo rimasti veramente pochi) l’ANPI, con l’apertura alla militanza rivolta alle nuove generazioni continua a custodire gli ideali della Resistenza con una rinnovata struttura organizzativa, che raggiunge circa 500 iscritti nella nostra provincia e circa 120 mila al livello nazionale.
Molte organizzazioni, anche partitiche, invidiano questa nostra forza e avrebbero da trarre insegnamento da come sono cresciute le nostre strutture organizzative. Tutto ciò si è potuto verificare grazie al lavoro volontario di molti compagni ed amici, uomini e donne, con i quali ci vogliamo congratulare, augurandoci nel contempo di essere sempre più numerosi per ancora maggiori successi della nostra associazione. Ma per costruire il futuro occorre interpretare correttamente il passato, per trarne insegnamenti e indicazioni.
Non è quindi peregrino chiederci oggi perché, a oltre 70 anni dalla Liberazione, è ancora cosi estesa l’attenzione nei nostri confronti. Qual è, per così dire, il segreto del nostro successo? La risposta credo si trovi nel fatto che la stragrande maggioranza del popolo italiano ancora si riconosce nei valori fondanti della Resistenza e vede l’ANPI come l’organizzazione di coloro che oggi sono i continuatori di quel sussulto di popolo che portò alla liberazione dal nazifascismo ed alla riconquista della libertà e della democrazia.
Oggi questo ruolo ci è riconosciuto non solo a livello politico ma anche al livello giuridico come sancito in una recente sentenza del Tribunale di Verona. E’ partendo da queste ragioni profonde che individuiamo nello sviluppo della memoria attiva della resistenza il compito primario della nostra azione. Per questo siamo nati e continuiamo a operare. Memoria attiva che comprende, molto opportunamente, riti e celebrazioni di fatti significativi della Resistenza, cercando di trarne a ogni occasione nuovi insegnamenti per sviluppare la nostra storia. Importante a tale scopo è il coinvolgimento di tutte le istituzioni e del tessuto democratico della società, in modo da dimostrare, come sostenuto nel documento congressuale nazionale, che la resistenza non è stata solo lotta armata ma coinvolgimento corale sviluppatosi in tanti modi, che a visto protagonisti, uomini, donne e giovanissimi, che sfidarono pericoli e repressioni, come i nostri martiri di Maiano Lavacchio.
Lo studio di quel periodo, la varietà delle iniziative poste in essere anche sul terreno culturale, debbono essere senz’altro rafforzate. In questi ultimi tempi si sono sviluppate diverse iniziative editoriali, pubblicazioni riguardati fatti e protagonisti di quel periodo: sulla medaglia d’oro Norma Parenti, Elvezio Cerboni, sulle bande armate nelle colline del Fiora, la ripubblicazione del libro sul Tenente Gino, lavori teatrali sempre su questi avvenimenti, ecc..
Dobbiamo continuare su questa strada coinvolgendo sempre di più le istituzioni e le entità culturali della nostra provincia. Uno dei temi che vorrei fosse recuperato per sviluppare la memoria attiva è quello dello studio ed approfondimento del PERIODO COSTITUENTE, successivo alla liberazione, utile a comprendere appieno le ragioni che diedero vita a quel grande miracolo politico italiano. Pensate che in soli 18 mesi di vita dell’assemblea costituente fu pensata, elaborata, discussa approvata e promulgata l’intera costituzione. Se pensiamo che, solo per porre in essere alcune modifiche della parte meramente ordinamentale, da tutti unanimemente ritenute necessarie, non sono stati sufficiente 30 anni di varie bicamerali, iniziative parlamentari e di governo. Come possiamo definire questa vicenda se non come un fallimento dell’intero sistema delle forze politiche, sociali e intellettuali. Tale fallimento risulta ancora di più evidente se paragonato con l’efficacia del primo processo costituente. Molti obbiettano che il paragone è ingeneroso in quanto allora vi era stata la resistenza e il cemento della lotta e dell’unità antifascista, ma non era proprio così roseo e facile. La Costituzione venne realizzata tra forze fieramente contrapposte, tutt’altro che omogenee. Ai lavori costituenti collaborarono coloro che sostenevano che l’Italia dovesse somigliare alla repubblica dei Soviet (io allora ero tra questi) con coloro che volevano introdurre solo marginali ritocchi allo Statuto Albertino, chi voleva uno stato quasi confessionale, chi voleva mantenerlo laico. Anche il clima politico non fu certo dei più favorevoli. A metà percorso vi fu la rottura dell’unita antifascista con la cacciata dei comunisti e dei socialisti dal governo, era calata la cosiddetta “cortina di ferro” che avrebbe diviso per i successivi 40 anni Europa.
Tuttavia, malgrado tutto questo, venne comunque realizzato il capolavoro di una costituzione che ancora oggi molti valutano una tra le migliori del mondo. 2 Una delle ragioni di questa storia di successo credo che si possa trovare nel recupero dei pensieri dell’illuminismo e della tolleranza, messi al bando per anni dalla repressione fascista. Forse per la prima volta le idee di Voltaire influenzarono significativamente la politica e la cultura italiana. Lo studio di quel periodo ci dice che il metodo dell’obiettività, del dialogo e della tolleranza delle opinioni altrui è ancora valido e dovrebbe essere proficuamente applicato per affrontare in modo corretto la prossima campagna sul referendum confermativo della riforma costituzionale e su quello abrogativo della legge elettorale, su cui mi soffermerò più avanti. Altro obiettivo primario dell’ANPI è sempre stato quello della pace.
La Resistenza come sussulto di popolo è nata su due ragioni di fondo l’Antifascismo e l’anelito per la riconquista della democrazia ed al tempo stesso la lotta contro la guerra e la conquista della pace tra i popoli. Ricordo ancora molti giovani che allora erano partiti per il fronte, illusi dalla propaganda fascista di nuove conquiste per fare più grande la patria, che tornavano dopo i drammi della guerra e gli insuccessi militari profondamente più maturi e che si chiedevano il perché erano stati mandati a combattere e morire in casa d’altri. La difesa della pace fa parte del nostro DNA e deve rimanere una dei nostri compiti primari.
Tuttavia occorre chiarire che la difesa della pace non è la rinuncia imbelle a ogni iniziativa, significa che invece della guerra occorre fare altro, assumere altre iniziative che evitino e superino le ragioni di conflitto, anche senza rinunciare in modo pregiudiziale all’uso della forza, quando le circostanze ci obbligano a farlo. In questo momento la difesa della pace si identifica con la lotta contro il terrorismo internazionale ed in particolare contro il terrorismo di matrice islamica, che minaccia anche il nostro paese di stragi indiscriminate. Su questo problema non ci possono essere esitazioni nel colpire chi tollera, incoraggia o favorisce il terrorismo. La nostra iniziativa contro il terrorismo islamico e il fanatismo religioso dovrebbe anche arginare il senso di insicurezza collettivo che rende più difficile l’azione necessaria verso i rifugiati ed i migranti in generale. Credo che dobbiamo altresì essere coscienti, che il terrorismo si può battere solo con il coinvolgimento dei popoli oggi dominati dall’ISIS. Quindi i momenti di aiuto e intervento militare vanno coniugati con una politica di solidarietà e di accoglienza verso i rifugiati, che ci permetta di avere loro stessi come alleati e partecipi in questa lotta. In questa battaglia, l’Italia si è distinta con l’operazione “mare nostrum” e successivamente con Frontex si è posta in essere una iniziativa di grande civiltà. Il soccorso in mare di quei poveri diseredati, anche lontano dalle 3 nostre acque territoriali, oltre a salvare delle vite ha accresciuto la nostra autorevolezza nei consessi internazionali. Per questo dobbiamo sostenere con forza anche l’azione del Governo Italiano per il superamento dell’accordo di Dublino e la realizzazione di un’azione corale dell’Europa per risolvere questo immane problema. Teniamo presente il rischio che eventuali nuove azioni terroristiche possono creare situazioni difficili non solo al livello dello scontro tra forze politiche, ma soprattutto al livello di massa, del senso comune, che può creare situazioni di difficile gestione o addirittura incontrollabili.
Vorrei partire da questa grande battaglia di civiltà (in parte sottovalutata?) per indicare i cardini della nostra azione e per dispiegare la nostra iniziativa nella battaglia antifascista. Noi giustamente contrastiamo l’iniziativa dei vari gruppi che in Italia cercano di riportare in auge le ideologie del fascismo, e dobbiamo continuare a farlo, chiedendo eventualmente una più oculata azione dei vari organi dello stato in caso di manifestazioni di odio e intolleranza. Tuttavia occorre valutare che soprattutto questa battaglia la dobbiamo condurre e vincere sul terreno culturale. Per questo dovremo cercare di conoscere meglio questi gruppi, spesso costituiti da giovani che fanno anche pena per la loro ignoranza storica e culturale, cercando di giungere a loro anche con un’azione di carattere pedagogico. NOI siamo portatori di una civiltà e valori democratici che abbiamo dovere di diffondere verso tutti. In base a questi principi le medaglie d’oro della Resistenza Valter Bentivegna e Carla Capponi non disdegnarono di andare anche a parlare in mezzo a quei gruppi di neofascisti che a Roma avevano una notevole consistenza. Il campo su cui dobbiamo intervenire è molto più ampio. Si sta consolidando nel centro Europa (Ungheria, Polonia Slovacchia ecc.. ) un asse di paesi con governi di ultradestra che mette in atto politiche scioviniste e rompe la solidarietà per la gestione degli immigrati. Purtroppo, in questo momento di crisi economica, tali governi ricevono l’appoggio di larghe masse popolari e hanno preso il potere attraverso libere elezioni. Anche paesi di consolidata tradizione democratica si agitano fermenti simili in settori tutt’altro che marginali della società.
In America un candidato alla Casa Bianca cresce nei consensi con posizione razziste e intolleranti, anche in Francia il partito della Le Pen e nel Regno Unito lo UKIP ed ultime in ordine di tempo le forze di destra estrema anche in Germania hanno accresciuto il loro consenso nelle ultime consultazioni. ed anche in Italia, si è visto un aumento del consenso della Lega ed atteggiamenti ambigui e contraddittori si sono verificati in altri movimenti politici, tra cui 5 stelle, il cui capo è giunto fino ad elogiare l’azione 4 dell’ungherese Orban proprio nel momento in cui essa era costituita di manganellate e filo spinato. Queste posizioni razziste, sono i germi su cui si è sviluppato il fascismo ed il nazismo e devono essere da noi strenuamente combattute. Ma oltre alla condanna queste posizioni possono essere battute con molteplici iniziative di SOLIDARIETÀ ATTIVA che vadano dal giusto riparto, al livello Europeo, del peso dei fuggiaschi e dei flussi migratori, la creazione di corridoi umanitari, l’intervento nei paesi di origine con iniziative imprenditoriali (come avviene con la nostra partecipazione alla difesa della diga di Mossul e da altri eventuali iniziative di questo tipo come sembra si siano manifestate da parte di aziende italiane durante la recente visita del presidente del consiglio italiano in alcuni paesi africani) può essere anche questo un mezzo da usare dopo il fallimento della cosiddetta cooperazione internazionale).
Ma per solidarietà attiva si deve intendere anche una politica dell’accoglienza che riesca a non isolare in ghetti i rifugiati ma di coinvolgerli in attività utili o di impegno sociale. In una regione come la nostra dove è stata praticata una accoglienza diffusa, ho letto nei giorni scorsi di numerose iniziative che vanno in questa direzione, è questa la strada da seguire per creare un maggior legame tra residenti ed ospiti. La solidarietà, l’accoglienza, che ovviamente non può essere infinita, e deve essere accompagnata da un’azione per risolvere i conflitti, cercando al tempo stesso a dare un contributo per superare in quei paesi le enormi sacche di povertà che innescano i fenomeni migratori. Chiedo scusa se mi sono soffermato molto su questi problemi ma ritengo che questi temi acquisteranno una centralità sempre maggiore e saranno al centro del dibattito politico per molto tempo. Io non so se, come dice Papa Francesco, che dobbiamo considerare iniziata UNA TERZA GUERRA MONDIALE, ma qualcosa di grosso sta di fronte all’intera umanità, Compagne e compagni!
Un ulteriore compito che con l’andare degli anni l’ANPI ha cercato di assolvere è stato quello di di “COSCIENZA CRITICA” impegnandosi sui temi centrali della vita politica sociale e culturale del nostro Paese con analisi e proposte tutt’altro che neutrali o di poco peso. Questo compito è stato portato avanti con l’efficacia che da tutti ci viene riconosciuta non certo perché siamo un’associazione monolitica, chiusa al dialogo e al confronto. Al contrario la nostra organizzazione è sempre stata PLURALE e al suo interno hanno convissuto e collaborato uomini e donne di diversa provenienza politica e culturale. Questa è un punto di forza che occorre assolutamente preservare, specialmente nelle occasioni in cui si affrontano tematiche divisive. In particolare, con il nostro 15° Congresso l’ANPI si è fortemente impegnata sui maggiori temi che interessano la vita democratica , economica e sociale del nostro Paese. In primo luogo l’ANPI ha cercato di portare avanti la difesa del diritto al lavoro, che ci ha portato spesso ad una consonanza di vedute con le grandi organizzazioni sindacali. Abbiamo cercato di portare un contributo alle lotte sui diritti civile e, proprio in questo ambito, non possiamo che salutare con soddisfazione l’imminente approvazione della legge sulle unioni civili, che finalmente realizza un’importante tappa di avvicinamento dell’Italia al livello della grandi democrazie occidentali.
Ho lasciato per ultimo i problemi che ci hanno maggiormente impegnati cioè quelli relativi alle Riforme Costituzionali. A questo proposito l’ANPI, come sottolineato in ogni suo documento, ha costantemente espresso favore per il superamento del cosiddetto bicameralismo “perfetto”, che, come sapete, prevede un iter legislativo in cui entrambe le camere contribuiscono in maniera identica, riconoscendo che questa situazione è foriera di lungaggini e difficoltà inconciliabili con la velocità di decisione che ci è imposta dall’attuale situazione. Tuttavia l’ANPI ha costantemente raccomandato che tale superamento avvenga mantenendo un ruolo del futuro senato che abbia un peso rilevante nell’esercizio della sovranità popolare. Dopo i vari passaggi parlamentari, l’ANPI ritiene che tali requisiti non trovino piena accoglienza nel progetto di riforma approvato dal parlamento, che le soluzioni adottate tendono a restringere gli spazi di democrazia e di rappresentanza. In conseguenza di questo l’ANPI ha deciso la propria partecipazione ai comitati referendari già costituiti per il rigetto della riforma. Sulla legge ordinaria di riforma elettorale l’ANPI mantiene un forte dissenso ritenendo che non consenta l’effettiva possibilità di scelta da parte dei cittadini e alteri in modo consistente l’espressione della volontà popolare, con l’attribuzione di irragionevoli premi di maggioranza. Da tale analisi scaturisce la decisione di aderire ai comitati referendari per la sua abrogazione. 6 Altro tema su sento il dovere di spendere alcune parole è quello della RIFORMA DELLA POLITICA.
L’ANPI su questo tema è intervenuto con un documento del Comitato Nazionale del 12 marzo 2014 a cui rimando i nostri delegati per i particolari, ma tra i vari argomenti trattati vorrei riprendere solo quello dove si sottolinea che il ruolo della politica e dei partiti è fondamentale per la stessa vita democratica del Paese. So che causa di un operato non molto edificante dei partiti stessi non è facile sviluppare questo argomento, che soffia forte il vento dell’antipolitica che vorrebbe spazzare via ogni forma di rappresentanza per affidarsi a un capo, a un uomo della provvidenza, ma ritengo che proprio per questo sia necessario riaffermare con ancora più forza che non vi è altra via alla soluzione di questo problema che la completa attuazione dell’Art. 49 della costituzione, il quale recita che tutti i cittadini anno diritto di associarsi liberamente per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. La costituzione non indica altri strumenti. Se non vi sono partiti funzionanti che diano voce e rappresentanza ai cittadini il potere sarà gestito dalle Lobbies ed i centri di potere economico o mediatico. Quindi arrabbiamoci quanto si vuole, ma alla fine bisogna trovare il modo che tutti possano dare il loro contributo positivo per la vita democratica del Paese. Saranno questi i temi più complessi e controversi che la nostra associazione dovrà affrontare nel prossimo futuro e da cui possono scaturire notevoli rischi. Infatti dipenderà molto dal modo in cui saranno condotte queste battaglie che consentirà o meno del permanere del carattere PLURALE, della AUTONOMIA e della IDENTITÀ dell’ANPI. Dobbiamo far si che queste battaglie siano un punto di ripartenza per la costruzione di una Associazione che continui a godere del prestigio e del rispetto che le sono state sempre riconosciute. Siamo nella fase congressuale ed è quindi doveroso sottoporre a rigoroso esame la nostra LINEA e la nostra ATTIVITÀ.
Per questo ritengo di sottoporre ad attenta ed ulteriore riflessione due problemi che considero di notevole importanza: La prima è quella di esercitare con molta attenzione ed obiettività la nostra azione di “coscienza critica” di pungolo. Questo ruolo noi lo esercitiamo sui temi più salienti della vita del paese e quindi inevitabilmente sugli atti di governo. E’ umano che si sia portati a dare più enfasi alle cose che non vanno, alle carenze, alle insufficienze, ma questo non può può portare ad essere percepiti come formazione esclusivamente 7 di opposizione (in parte è già avvenuto?), ma dobbiamo sforzarci anche di mostrarci come motore di proposta. L’altro problema che vorrei sottolineare e che può essere di aiuto ad affrontare meglio anche il precedente e quello di riprendere con più forza la nostra parola d’ordine di fare dell’ANPI LA CASA DI TUTTI GLI ANTIFASCISTI. Questa parola d’ordine che aveva creato attenzione e dato una SPINTA PROPULSIVA alla costruzione dell’ANPI dopo il 14° congresso e la conferenza di organizzazione di Chianciano, pare a me caduta in ombra mentre invece il lavorare concretamente verso questa prospettiva ci può obbligare a costruire l’ANPI come casa accogliente per i nuovi ospiti che presuppone ci si trovi bene quelli che già ci vivano. Riflettiamo tutti su questo. Ma lo voglio segnalare all’attenzione particolare del delegato del Comitato Nazionale e dei nostri delegati al Congresso nazionale luogo deputato ad affrontare questi problemi.
CONCLUSIONE: Questa relazione non è una relazione collegiale ma la relazione del Presidente Provinciale. Nel corso della sua esposizione ho usato il NOI quando ho cercato di interpretare alcuni parti del voluminoso documento nazionale e l’espressione “l’ANPI RITIENE” quando come Presidente, ho dovuto doverosamente illustrare alcune parte del documento sulle quali non sono interamente d’accordo. Su questi punti mi riservo un intervento “personale” nel corso della discussione congressuale e vi chiederò il favore di ascoltarmi. Compagne e compagni, permettetemi di usare altri 2 minuti per un saluto finale.
Chi ha letto la mia breve biografia pubblicata sul sito dell’ANPI grossetano, nella mia vita è sempre stata al centro la politica,intesa come servizio, a cui mi sono dedicato fin da giovanissimo, subito dopo la liberazione. Dopo 60 anni di attività, giunto ormai alla soglia degli 80 anni, avevo pensato di ritirarmi da ogni impegno attivo per dedicarmi a fare il NONNO, ma un gruppo di compagne e compagni e poi il Comitato Provinciale dell’ANPI mi spinsero ad accettare la Presidenza Provinciale dell’Associazione. Devo ringraziarli a posteriori perché mi hanno consentito di vivere un’esperienza che mi ha umanamente arricchito e durante la quale ho avuto l’opportunità di conoscere e apprezzare compagni ai quali sarò legato per sempre da un profondo affetto. Sono trascorsi 10 anni e non sta a me valutare il lavoro fatto. Posso solo dire che il mio impegno ce l’ho messo tutto, insieme ad altri compagni, che ringrazio per la loro preziosa collaborazione. Credo che possiamo tutti assieme affermare che l’ANPI è cresciuta in questi periodo, e ha conseguito alcuni importanti risultati. Oggi però è giunto il momento di accomiatarmi da questa responsabilità. Le mie residue energie non mi consentono più di svolgere le attività connesse a questo compito e d’altra parte è giusto, dopo 10 lunghi anni, farsi da parte e favorire il giusto e necessario rinnovamento. A voi tutti un caldo e fraterno augurio.
Nello Bracalari