Relazione del direttivo ANPI MONTIERI MONTEROTONDO M.MO al congresso di sezione del 28/02/2016

Montieri 28 febbraio 2016

“Siamo una sezione giovane, nel senso che la nostra attività risale al 2010 anno in cui abbiamo deciso di fondare sul nostro territorio la sezione Anpi Montieri/ Monterotondo .

La fusione in un’unica sezione dell’Anpi è nata per motivi di praticità,con i numeri che avevamo all’inizio nei nostri due Comuni non sarebbe stato possibile attivare due sezioni distinte, e il lavoro che di volta in volta abbiamo svolto è stato importante non solo per i contenuti e i temi trattati ma perché è stato per tutti noi un valore aggiunto dove la ricerca e la conoscenza della memoria storica della Resistenza sono andate di pari passo in un contesto collaborativo omogeneo e continuativo che ci ha permesso, nel corso degli anni, di ottenere una discreta partecipazione nonché coinvolgimento da parte degli iscritti facendo in modo di non essere limitati ad iniziative prettamente territoriali.

La festa del 25 Aprile a Montieri, che prima era organizzato a Cavi, ne è un esempio: la celebrazione della Liberazione della guerra dal nazifascismo è tornata ad essere vivacemente partecipata, infatti ha ridato un senso di appartenenza popolare che nel corso degli anni si era purtroppo perso. Questo vale anche per la commemorazione dell’eccidio del Campo ai Bizzi al Frassine, con l’aggiunta che il percorso avviato e che ha visto il coinvolgimento delle le scuole di Monterotondo sono uno dei punti di forza che è opportuno mantenere ed estendere anche nel comune di Montieri.

Ci sono poi altre iniziative che in maniera “incostante” abbiamo cercato di fare il possibile per continuare a mantenere,ne sono un classico esempio la festa antifascista e antirazzista a Monterotondo che di solito si promuove nel mese di novembre e il trekking – campeggio antifascista nel mese di luglio nelle Carline, luogo dove nacque la XXIII brigata Garibaldi. Tutte queste iniziative arricchite da interventi, musica e teatro militante e da mostre fotografiche che trattano gli episodi della Resistenza e dei partigiani nel nostro territorio, e non solo, sono affiancate ad un messaggio fondamentale: “il ricordo della memoria,l’attualità della Resistenza” contro quel fascismo celato e mai cancellato dalla storia che rinasce ovunque sotto molteplici forme.

Come sezione fin da subito, e soldi permettendo, ci siamo posti la necessità e il dovere morale di manifestare la nostra solidarietà nei confronti di chi pratica forme degne di resistenza . E di volta in volta, dove possibile, con il ricavato delle nostre iniziative abbiamo contribuito economicamente a sostegno di certe pratiche, alcuni esempi come: spese legali dei denunciati No Tav (uno dei pochi esempi di resistenza in Italia da oltre 20 anni), emergenza ENA 2011 arrivo migranti centro accoglienza a Gerfalco, ristrutturazione recupero del monumento dei martiri a Scalvaia, tristemente noto per il vile attacco subito ad opera di fascisti a ridosso del 25 aprile del 2012, associazione Rays ( resistenza /resilenza forme vicine alla teoria di Serge Latouche della decrescita felice),resistenza del popolo Kurdo progetti della mezza luna Rossa per il Kurdistan. Il resto abbiamo investito nel lavoro culturale attraverso la stampa di pannelli fotografici che ricordano gli antifascisti e partigiani operativi nel nostro territorio.

Durante la discussione al congresso di sezione tra gli iscritti presenti è emersa la necessità di costituire il comitato per il No al referendum costituzionale. Insieme ai soggetti che condivideranno e opereranno nel nostro territorio, sia a livello locale che provinciale, ci attiveremo affinché l’espressione del voto al referendum sia dettata dalla presa di coscienza che la costituzione vada tutelata e con essa possano essere garantiti quei valori di democrazia per la quale molti partigiani, donne e uomini, sacrificarono la loro vita in nome dell’uguaglianza e della giustizia sociale per tutti”.

 

 

 

16° Congresso provinciale, 19 marzo 2016: relazione del Presidente Provinciale Nello Bracalari

Bracalari70 anni or sono, durante incontro pubblico un partigiano anarchico, contrario ad ogni associazione d’arma, si dichiarava certo che l’Italia, abbattuto il fascismo e riconquistata la libertà, non avrebbe più avuto bisogno dei partigiani e auspicava l’estinzione dell’ANPI insieme a quella dei suoi aderenti. A queste affermazioni replicò il partigiano (capitano) Pietro Verdi, che sarebbe rimasto per circa 40 anni presidente dell’Associazione Partigiani d’Italia, sostenendo che, anche se i partigiani fossero necessariamente scomparsi, le loro idee sarebbero comunque sopravvissute per sempre.

La nostra presenza qui oggi gli dà evidentemente ragione. Infatti, malgrado che le generazioni che hanno vissuto la resistenza volgano al termine (siamo rimasti veramente pochi) l’ANPI, con l’apertura alla militanza rivolta alle nuove generazioni continua a custodire gli ideali della Resistenza con una rinnovata struttura organizzativa, che raggiunge circa 500 iscritti nella nostra provincia e circa 120 mila al livello nazionale.
Molte organizzazioni, anche partitiche, invidiano questa nostra forza e avrebbero da trarre insegnamento da come sono cresciute le nostre strutture organizzative. Tutto ciò si è potuto verificare grazie al lavoro volontario di molti compagni ed amici, uomini e donne, con i quali ci vogliamo congratulare, augurandoci nel contempo di essere sempre più numerosi per ancora maggiori successi della nostra associazione. Ma per costruire il futuro occorre interpretare correttamente il passato, per trarne insegnamenti e indicazioni.

Non è quindi peregrino chiederci oggi perché, a oltre 70 anni dalla Liberazione, è ancora cosi estesa l’attenzione nei nostri confronti. Qual è, per così dire, il segreto del nostro successo? La risposta credo si trovi nel fatto che la stragrande maggioranza del popolo italiano ancora si riconosce nei valori fondanti della Resistenza e vede l’ANPI come l’organizzazione di coloro che oggi sono i continuatori di quel sussulto di popolo che portò alla liberazione dal nazi­fascismo ed alla riconquista della libertà e della democrazia.

Oggi questo ruolo ci è riconosciuto non solo a livello politico ma anche al livello giuridico come sancito in una recente sentenza del Tribunale di Verona. E’ partendo da queste ragioni profonde che individuiamo nello sviluppo della memoria attiva della resistenza il compito primario della nostra azione. Per questo siamo nati e continuiamo a operare. Memoria attiva che comprende, molto opportunamente, riti e celebrazioni di fatti significativi della Resistenza, cercando di trarne a ogni occasione nuovi insegnamenti per sviluppare la nostra storia. Importante a tale scopo è il coinvolgimento di tutte le istituzioni e del tessuto democratico della società, in modo da dimostrare, come sostenuto nel documento congressuale nazionale, che la resistenza non è stata solo lotta armata ma coinvolgimento corale sviluppatosi in tanti modi, che a visto protagonisti, uomini, donne e giovanissimi, che sfidarono pericoli e repressioni, come i nostri martiri di Maiano Lavacchio.
Lo studio di quel periodo, la varietà delle iniziative poste in essere anche sul terreno culturale, debbono essere senz’altro rafforzate. In questi ultimi tempi si sono sviluppate diverse iniziative editoriali, pubblicazioni riguardati fatti e protagonisti di quel periodo: sulla medaglia d’oro Norma Parenti, Elvezio Cerboni, sulle bande armate nelle colline del Fiora, la ripubblicazione del libro sul Tenente Gino, lavori teatrali sempre su questi avvenimenti, ecc..

Dobbiamo continuare su questa strada coinvolgendo sempre di più le istituzioni e le entità culturali della nostra provincia. Uno dei temi che vorrei fosse recuperato per sviluppare la memoria attiva è quello dello studio ed approfondimento del PERIODO COSTITUENTE, successivo alla liberazione, utile a comprendere appieno le ragioni che diedero vita a quel grande miracolo politico italiano. Pensate che in soli 18 mesi di vita dell’assemblea costituente fu pensata, elaborata, discussa approvata e promulgata l’intera costituzione. Se pensiamo che, solo per porre in essere alcune modifiche della parte meramente ordinamentale, da tutti unanimemente ritenute necessarie, non sono stati sufficiente 30 anni di varie bicamerali, iniziative parlamentari e di governo. Come possiamo definire questa vicenda se non come un fallimento dell’intero sistema delle forze politiche, sociali e intellettuali. Tale fallimento risulta ancora di più evidente se paragonato con l’efficacia del primo processo costituente. Molti obbiettano che il paragone è ingeneroso in quanto allora vi era stata la resistenza e il cemento della lotta e dell’unità antifascista, ma non era proprio così roseo e facile. La Costituzione venne realizzata tra forze fieramente contrapposte, tutt’altro che omogenee. Ai lavori costituenti collaborarono coloro che sostenevano che l’Italia dovesse somigliare alla repubblica dei Soviet (io allora ero tra questi) con coloro che volevano introdurre solo marginali ritocchi allo Statuto Albertino, chi voleva uno stato quasi confessionale, chi voleva mantenerlo laico. Anche il clima politico non fu certo dei più favorevoli. A metà percorso vi fu la rottura dell’unita antifascista con la cacciata dei comunisti e dei socialisti dal governo, era calata la cosiddetta “cortina di ferro” che avrebbe diviso per i successivi 40 anni Europa.
Tuttavia, malgrado tutto questo, venne comunque realizzato il capolavoro di una costituzione che ancora oggi molti valutano una tra le migliori del mondo. 2 Una delle ragioni di questa storia di successo credo che si possa trovare nel recupero dei pensieri dell’illuminismo e della tolleranza, messi al bando per anni dalla repressione fascista. Forse per la prima volta le idee di Voltaire influenzarono significativamente la politica e la cultura italiana. Lo studio di quel periodo ci dice che il metodo dell’obiettività, del dialogo e della tolleranza delle opinioni altrui è ancora valido e dovrebbe essere proficuamente applicato per affrontare in modo corretto la prossima campagna sul referendum confermativo della riforma costituzionale e su quello abrogativo della legge elettorale, su cui mi soffermerò più avanti. Altro obiettivo primario dell’ANPI è sempre stato quello della pace.

La Resistenza come sussulto di popolo è nata su due ragioni di fondo l’Antifascismo e l’anelito per la riconquista della democrazia ed al tempo stesso la lotta contro la guerra e la conquista della pace tra i popoli. Ricordo ancora molti giovani che allora erano partiti per il fronte, illusi dalla propaganda fascista di nuove conquiste per fare più grande la patria, che tornavano dopo i drammi della guerra e gli insuccessi militari profondamente più maturi e che si chiedevano il perché erano stati mandati a combattere e morire in casa d’altri. La difesa della pace fa parte del nostro DNA e deve rimanere una dei nostri compiti primari.
Tuttavia occorre chiarire che la difesa della pace non è la rinuncia imbelle a ogni iniziativa, significa che invece della guerra occorre fare altro, assumere altre iniziative che evitino e superino le ragioni di conflitto, anche senza rinunciare in modo pregiudiziale all’uso della forza, quando le circostanze ci obbligano a farlo. In questo momento la difesa della pace si identifica con la lotta contro il terrorismo internazionale ed in particolare contro il terrorismo di matrice islamica, che minaccia anche il nostro paese di stragi indiscriminate. Su questo problema non ci possono essere esitazioni nel colpire chi tollera, incoraggia o favorisce il terrorismo. La nostra iniziativa contro il terrorismo islamico e il fanatismo religioso dovrebbe anche arginare il senso di insicurezza collettivo che rende più difficile l’azione necessaria verso i rifugiati ed i migranti in generale. Credo che dobbiamo altresì essere coscienti, che il terrorismo si può battere solo con il coinvolgimento dei popoli oggi dominati dall’ISIS. Quindi i momenti di aiuto e intervento militare vanno coniugati con una politica di solidarietà e di accoglienza verso i rifugiati, che ci permetta di avere loro stessi come alleati e partecipi in questa lotta. In questa battaglia, l’Italia si è distinta con l’operazione “mare nostrum” e successivamente con Frontex si è posta in essere una iniziativa di grande civiltà. Il soccorso in mare di quei poveri diseredati, anche lontano dalle 3 nostre acque territoriali, oltre a salvare delle vite ha accresciuto la nostra autorevolezza nei consessi internazionali. Per questo dobbiamo sostenere con forza anche l’azione del Governo Italiano per il superamento dell’accordo di Dublino e la realizzazione di un’azione corale dell’Europa per risolvere questo immane problema. Teniamo presente il rischio che eventuali nuove azioni terroristiche possono creare situazioni difficili non solo al livello dello scontro tra forze politiche, ma soprattutto al livello di massa, del senso comune, che può creare situazioni di difficile gestione o addirittura incontrollabili.
Vorrei partire da questa grande battaglia di civiltà (in parte sottovalutata?) per indicare i cardini della nostra azione e per dispiegare la nostra iniziativa nella battaglia antifascista. Noi giustamente contrastiamo l’iniziativa dei vari gruppi che in Italia cercano di riportare in auge le ideologie del fascismo, e dobbiamo continuare a farlo, chiedendo eventualmente una più oculata azione dei vari organi dello stato in caso di manifestazioni di odio e intolleranza. Tuttavia occorre valutare che soprattutto questa battaglia la dobbiamo condurre e vincere sul terreno culturale. Per questo dovremo cercare di conoscere meglio questi gruppi, spesso costituiti da giovani che fanno anche pena per la loro ignoranza storica e culturale, cercando di giungere a loro anche con un’azione di carattere pedagogico. NOI siamo portatori di una civiltà e valori democratici che abbiamo dovere di diffondere verso tutti. In base a questi principi le medaglie d’oro della Resistenza Valter Bentivegna e Carla Capponi non disdegnarono di andare anche a parlare in mezzo a quei gruppi di neofascisti che a Roma avevano una notevole consistenza. Il campo su cui dobbiamo intervenire è molto più ampio. Si sta consolidando nel centro Europa (Ungheria, Polonia Slovacchia ecc.. ) un asse di paesi con governi di ultradestra che mette in atto politiche scioviniste e rompe la solidarietà per la gestione degli immigrati. Purtroppo, in questo momento di crisi economica, tali governi ricevono l’appoggio di larghe masse popolari e hanno preso il potere attraverso libere elezioni. Anche paesi di consolidata tradizione democratica si agitano fermenti simili in settori tutt’altro che marginali della società.
In America un candidato alla Casa Bianca cresce nei consensi con posizione razziste e intolleranti, anche in Francia il partito della Le Pen e nel Regno Unito lo UKIP ed ultime in ordine di tempo le forze di destra estrema anche in Germania hanno accresciuto il loro consenso nelle ultime consultazioni. ed anche in Italia, si è visto un aumento del consenso della Lega ed atteggiamenti ambigui e contraddittori si sono verificati in altri movimenti politici, tra cui 5 stelle, il cui capo è giunto fino ad elogiare l’azione 4 dell’ungherese Orban proprio nel momento in cui essa era costituita di manganellate e filo spinato. Queste posizioni razziste, sono i germi su cui si è sviluppato il fascismo ed il nazismo e devono essere da noi strenuamente combattute. Ma oltre alla condanna queste posizioni possono essere battute con molteplici iniziative di SOLIDARIETÀ ATTIVA che vadano dal giusto riparto, al livello Europeo, del peso dei fuggiaschi e dei flussi migratori, la creazione di corridoi umanitari, l’intervento nei paesi di origine con iniziative imprenditoriali (come avviene con la nostra partecipazione alla difesa della diga di Mossul e da altri eventuali iniziative di questo tipo come sembra si siano manifestate da parte di aziende italiane durante la recente visita del presidente del consiglio italiano in alcuni paesi africani) può essere anche questo un mezzo da usare dopo il fallimento della cosiddetta cooperazione internazionale).
Ma per solidarietà attiva si deve intendere anche una politica dell’accoglienza che riesca a non isolare in ghetti i rifugiati ma di coinvolgerli in attività utili o di impegno sociale. In una regione come la nostra dove è stata praticata una accoglienza diffusa, ho letto nei giorni scorsi di numerose iniziative che vanno in questa direzione, è questa la strada da seguire per creare un maggior legame tra residenti ed ospiti. La solidarietà, l’accoglienza, che ovviamente non può essere infinita, e deve essere accompagnata da un’azione per risolvere i conflitti, cercando al tempo stesso a dare un contributo per superare in quei paesi le enormi sacche di povertà che innescano i fenomeni migratori. Chiedo scusa se mi sono soffermato molto su questi problemi ma ritengo che questi temi acquisteranno una centralità sempre maggiore e saranno al centro del dibattito politico per molto tempo. Io non so se, come dice Papa Francesco, che dobbiamo considerare iniziata UNA TERZA GUERRA MONDIALE, ma qualcosa di grosso sta di fronte all’intera umanità, Compagne e compagni!

Un ulteriore compito che con l’andare degli anni l’ANPI ha cercato di assolvere è stato quello di di “COSCIENZA CRITICA” impegnandosi sui temi centrali della vita politica sociale e culturale del nostro Paese con analisi e proposte tutt’altro che neutrali o di poco peso. Questo compito è stato portato avanti con l’efficacia che da tutti ci viene riconosciuta non certo perché siamo un’associazione monolitica, chiusa al dialogo e al confronto. Al contrario la nostra organizzazione è sempre stata PLURALE e al suo interno hanno convissuto e collaborato uomini e donne di diversa provenienza politica e culturale. Questa è un punto di forza che occorre assolutamente preservare, specialmente nelle occasioni in cui si affrontano tematiche divisive. In particolare, con il nostro 15° Congresso l’ANPI si è fortemente impegnata sui maggiori temi che interessano la vita democratica , economica e sociale del nostro Paese. In primo luogo l’ANPI ha cercato di portare avanti la difesa del diritto al lavoro, che ci ha portato spesso ad una consonanza di vedute con le grandi organizzazioni sindacali. Abbiamo cercato di portare un contributo alle lotte sui diritti civile e, proprio in questo ambito, non possiamo che salutare con soddisfazione l’imminente approvazione della legge sulle unioni civili, che finalmente realizza un’importante tappa di avvicinamento dell’Italia al livello della grandi democrazie occidentali.

Ho lasciato per ultimo i problemi che ci hanno maggiormente impegnati cioè quelli relativi alle Riforme Costituzionali. A questo proposito l’ANPI, come sottolineato in ogni suo documento, ha costantemente espresso favore per il superamento del cosiddetto bicameralismo “perfetto”, che, come sapete, prevede un iter legislativo in cui entrambe le camere contribuiscono in maniera identica, riconoscendo che questa situazione è foriera di lungaggini e difficoltà inconciliabili con la velocità di decisione che ci è imposta dall’attuale situazione. Tuttavia l’ANPI ha costantemente raccomandato che tale superamento avvenga mantenendo un ruolo del futuro senato che abbia un peso rilevante nell’esercizio della sovranità popolare. Dopo i vari passaggi parlamentari, l’ANPI ritiene che tali requisiti non trovino piena accoglienza nel progetto di riforma approvato dal parlamento, che le soluzioni adottate tendono a restringere gli spazi di democrazia e di rappresentanza. In conseguenza di questo l’ANPI ha deciso la propria partecipazione ai comitati referendari già costituiti per il rigetto della riforma. Sulla legge ordinaria di riforma elettorale l’ANPI mantiene un forte dissenso ritenendo che non consenta l’effettiva possibilità di scelta da parte dei cittadini e alteri in modo consistente l’espressione della volontà popolare, con l’attribuzione di irragionevoli premi di maggioranza. Da tale analisi scaturisce la decisione di aderire ai comitati referendari per la sua abrogazione. 6 Altro tema su sento il dovere di spendere alcune parole è quello della RIFORMA DELLA POLITICA.
L’ANPI su questo tema è intervenuto con un documento del Comitato Nazionale del 12 marzo 2014 a cui rimando i nostri delegati per i particolari, ma tra i vari argomenti trattati vorrei riprendere solo quello dove si sottolinea che il ruolo della politica e dei partiti è fondamentale per la stessa vita democratica del Paese. So che causa di un operato non molto edificante dei partiti stessi non è facile sviluppare questo argomento, che soffia forte il vento dell’antipolitica che vorrebbe spazzare via ogni forma di rappresentanza per affidarsi a un capo, a un uomo della provvidenza, ma ritengo che proprio per questo sia necessario riaffermare con ancora più forza che non vi è altra via alla soluzione di questo problema che la completa attuazione dell’Art. 49 della costituzione, il quale recita che ­ tutti i cittadini anno diritto di associarsi liberamente per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. La costituzione non indica altri strumenti. Se non vi sono partiti funzionanti che diano voce e rappresentanza ai cittadini il potere sarà gestito dalle Lobbies ed i centri di potere economico o mediatico. Quindi arrabbiamoci quanto si vuole, ma alla fine bisogna trovare il modo che tutti possano dare il loro contributo positivo per la vita democratica del Paese. Saranno questi i temi più complessi e controversi che la nostra associazione dovrà affrontare nel prossimo futuro e da cui possono scaturire notevoli rischi. Infatti dipenderà molto dal modo in cui saranno condotte queste battaglie che consentirà o meno del permanere del carattere PLURALE, della AUTONOMIA e della IDENTITÀ dell’ANPI. Dobbiamo far si che queste battaglie siano un punto di ripartenza per la costruzione di una Associazione che continui a godere del prestigio e del rispetto che le sono state sempre riconosciute. Siamo nella fase congressuale ed è quindi doveroso sottoporre a rigoroso esame la nostra LINEA e la nostra ATTIVITÀ.
Per questo ritengo di sottoporre ad attenta ed ulteriore riflessione due problemi che considero di notevole importanza: La prima è quella di esercitare con molta attenzione ed obiettività la nostra azione di “coscienza critica” di pungolo. Questo ruolo noi lo esercitiamo sui temi più salienti della vita del paese e quindi inevitabilmente sugli atti di governo. E’ umano che si sia portati a dare più enfasi alle cose che non vanno, alle carenze, alle insufficienze, ma questo non può può portare ad essere percepiti come formazione esclusivamente 7 di opposizione (in parte è già avvenuto?), ma dobbiamo sforzarci anche di mostrarci come motore di proposta. L’altro problema che vorrei sottolineare e che può essere di aiuto ad affrontare meglio anche il precedente e quello di riprendere con più forza la nostra parola d’ordine di fare dell’ANPI LA CASA DI TUTTI GLI ANTIFASCISTI. Questa parola d’ordine che aveva creato attenzione e dato una SPINTA PROPULSIVA alla costruzione dell’ANPI dopo il 14° congresso e la conferenza di organizzazione di Chianciano, pare a me caduta in ombra mentre invece il lavorare concretamente verso questa prospettiva ci può obbligare a costruire l’ANPI come casa accogliente per i nuovi ospiti che presuppone ci si trovi bene quelli che già ci vivano. Riflettiamo tutti su questo. Ma lo voglio segnalare all’attenzione particolare del delegato del Comitato Nazionale e dei nostri delegati al Congresso nazionale luogo deputato ad affrontare questi problemi.

CONCLUSIONE: Questa relazione non è una relazione collegiale ma la relazione del Presidente Provinciale. Nel corso della sua esposizione ho usato ­ il NOI quando ho cercato di interpretare alcuni parti del voluminoso documento nazionale e l’espressione “l’ANPI RITIENE” quando come Presidente, ho dovuto doverosamente illustrare alcune parte del documento sulle quali non sono interamente d’accordo. Su questi punti mi riservo un intervento “personale” nel corso della discussione congressuale e vi chiederò il favore di ascoltarmi. Compagne e compagni, permettetemi di usare altri 2 minuti per un saluto finale.
Chi ha letto la mia breve biografia pubblicata sul sito dell’ANPI grossetano, nella mia vita è sempre stata al centro la politica,intesa come servizio, a cui mi sono dedicato fin da giovanissimo, subito dopo la liberazione. Dopo 60 anni di attività, giunto ormai alla soglia degli 80 anni, avevo pensato di ritirarmi da ogni impegno attivo per dedicarmi a fare il NONNO, ma un gruppo di compagne e compagni e poi il Comitato Provinciale dell’ANPI mi spinsero ad accettare la Presidenza Provinciale dell’Associazione. Devo ringraziarli a posteriori perché mi hanno consentito di vivere un’esperienza che mi ha umanamente arricchito e durante la quale ho avuto l’opportunità di conoscere e apprezzare compagni ai quali sarò legato per sempre da un profondo affetto. Sono trascorsi 10 anni e non sta a me valutare il lavoro fatto. Posso solo dire che il mio impegno ce l’ho messo tutto, insieme ad altri compagni, che ringrazio per la loro preziosa collaborazione. Credo che possiamo tutti assieme affermare che l’ANPI è cresciuta in questi periodo, e ha conseguito alcuni importanti risultati. Oggi però è giunto il momento di accomiatarmi da questa responsabilità. Le mie residue energie non mi consentono più di svolgere le attività connesse a questo compito e d’altra parte è giusto, dopo 10 lunghi anni, farsi da parte e favorire il giusto e necessario rinnovamento. A voi tutti un caldo e fraterno augurio.

Nello Bracalari

L’ANPI provinciale a congresso. Appuntamento sabato alle Fondazione Il Sole di viale Uranio

FondazioneIlSoleInternoÈ in programma sabato 19 marzo alle 9.30, nella sede della Fondazione il Sole di via Uranio, a Grosseto il Congresso provinciale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.

Tra i temi che saranno affrontati la memoria, la pace, il superamento delle diseguaglianze, la difesa della Costituzione e dei suoi valori. Saranno presenti i circa cinquecento associati dell’ANPI provinciale di Grosseto provenienti dalle dieci sezioni sparse in Maremma, che di recente hanno eletto i propri delegati.

Al momento, infatti, l’ANPI provinciale di Grosseto conta 467 iscritti.

 

Mozione politica del Congresso della sezione “Elvio Palazzoli” di Grosseto del 27 febbraio 2016

Il congresso della sezione ANPI “E. Palazzoli” di Grosseto si è riunito alla presenza della Presidenza Provinciale il 27 febbraio, anniversario dell’uccisione di Spartaco Lavagnini per mano fascista, che è stato ricordato con un minuto di silenzio.

Il congresso, preso atto della relazione del presidente di sezione, che ha illustrato i temi del documento congressuale nazionale, del documento del CN per il no al referendum costituzionale e il bilancio del lavoro svolto nel 2015 e del programma per il 2016, approva i documenti congressuali nazionali, a cui vincola il mandato dei delegati al congresso provinciale e il nuovo direttivo di sezione, rappresentando anche le posizioni di minoranze.

In particolare approva le seguenti indicazioni politiche: il compito della memoria attiva, valida per il passato, ma soprattutto per il presente e per il futuro; il lavoro continuo per difendere la pace, applicando l’art. 11 della Carta e rivendicando “il rapporto indissolubile tra pace-democrazia-libertà-ugualianza”; il superamento delle disuguaglianze sociali, applicando l’art. 1 e l’art. 3 della Costituzione (l’ANPI continua a rivendicare un piano generale del lavoro); la difesa intransigente della Costituzione e dei suoi valori, di cui rivendichiamo l’applicazione e la riformabilità e non la manomissione in atto; l’antifascismo, inteso come cultura e come pratica, di cui c’è un gran bisogno anche nella nostra città; la risposta al neofascismo con le sue attuali connivenze con la destra parlamentare, che ha lambito lo stesso governo e in particolare il ministro degli interni, si deve muovere su due direttrici: a. la mobilitazione di massa sempre più vasta con la cura strenua dell’”unità antifascista”; b. la rivendicazione che le istituzioni locali e nazionali e i tutori dell’ordine repubblicano mostrino il loro doveroso “volto antifascista”.

Il congresso approva la necessità dell’ANPI di “essere coscienza critica” del paese, che in quanto “erede spirituale” dei valori di tutta la Resistenza armata e disarmata, ”in forma statutariamente riconosciuta”, “vuole, pretende, esige che quei valori vengano rispettati, attuati, resi sempre più concreti e tangibili”. Il perseguimento di questi fini per l’ANPI avviene in completa autonomia, ribadendo di non essere né un partito né un sindacato. Persegue fini politici in base alla propria tradizione, alla propria identità, ai propri valori che coincidono con quelli della Resistenza e della Costituzione, rivolgendosi soprattutto alle giovani generazioni a cui vuol consegnare il testimone di quei valori. In tal senso l’ANPI non ha né “governi amici”, né “governi nemici”, ma di ogni esecutivo valuta la politica concreta delle singole azioni di governo.

Il congresso approva tre iniziative in specifico:

  1. partecipazione alla campagna referendaria per il no al referendum costituzionale e per la raccolta delle firme per il referendum abrogativo dell’Italicum. La sezione “Elvio Palazzoli” secondo l’indicazione nazionale fa parte del coordinamento grossetano per il no e del suo esecutivo, che riconosce quella dell’ANPI come l’unica bandiera utilizzabile. È compito dell’ANPI promuovere in ogni comune della provincia comitati e coordinamenti simili.
  2. campagna antifascista e antirazzista: la strategia nazionale delle organizzazioni neofasciste, con la complicità del governo, è in atto anche nella nostra città, con un’escalation che dura da un anno, che è sottovalutata dalle autorità cittadine nonostante i nostri continui avvertimenti e che è culminata nell’ultimo mese negli atti apertamente fascisti della fiaccolata per la sicurezza, nella strumentalizzazione della giornata del ricordo del 10 febbraio e nell’aggressione di uno studente antifascista di pochi giorni fa. Dobbiamo rispondere ad ogni iniziativa fascista con i due criteri dell’iniziativa di massa dei presidi antifascisti e dell’intervento anche legale presso le autorità.
  3. Iniziativa dal basso: è auspicabile potenziare anche statuariamente nell’ANPI il flusso delle idee dal basso, dalle istanza periferiche a quelle centrali, ad esempio con meccanismi di consultazione dal basso in caso decisioni importanti tra un congresso e l’altro.

Commemorazione del Frassine: l’intervento di Corlito, presidente della sezione ANPI di Grosseto

CampoAiBizziIl 16 febbraio 1944 al podere di Campo ai Bizzi, presso il Frassine nel comune di Monterotondo Marittimo, cinque giovani partigiani della III Brigata Garibaldi ”Camicia Rossa” furono massacrati dai repubblichini.

Si chiamavano Pio Fidanzi, Salvatore Mancuso, Otello Gattoli, Silvano Benedici e Remo Meoni. I loro corpi furono oltraggiati, sottoposti a sevizie ed esposti nella piazza di Massa Marittima.

Questo l’intervento di  Giuseppe Corlito, presidente della sezione Anpi  “Elvio Palazzoli” di Grosseto in occasione della commemorazione di quest’anno:

“Un saluto particolare va alle cittadine a ai cittadini che si sono mobilitati in questa bella giornata, alle compagne e ai compagni della sezione ANPI di Montieri-Monterotondo, che hanno organizzato questo incontro, un saluto anche alle autorità, ai sindaci di Monterotondo e di Massa Marittima.
Siamo venuti qui per commemorare i partigiani caduti per mano fascista il 16 febbraio 1944. Nei libri di storia locale si parla della “battaglia del Frassine”, in realtà per la verità storica dovemmo parlare del “rastrellamento del Frassine” e come tal fu perseguito penalmente nel dopoguerra, in quanto fu uno degli episodi di collaborazionismo con l’esercito invasore tedesco. Vorrei ricordarli uno per uno, sono giovani e gente semplice, dei lavoratori: Otello Gattoli, marinaio e muratore di cui è qui presente la figlia, Pio Fidanzi, Francesco Beneduci, Remo Meoni, poi insignito di medaglia d’argento al valor militare, e un meridionale, Salvatore Mancuso di Catania, che è morto qui combattendo, quando poteva stare a casa sua, nel sud liberato, che invece ha combattuto ed è morto per noi.
Per questo bisogno l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, che io immeritatamente ho l’onore di rappresentare qui, ha un concetto: la memoria attiva. Vuol dire che quel sangue versato per la democrazia e la libertà non è morto e lontano, è ancora vivo e serve al presente e al futuro. Siamo qui non solo per commemorare i compagni caduti, ma per capire, parafrasando Piero Calamadrei, che su questo sangue è stato costruito un monumento, che è la nostra Carta Costituzionale, il quale costituisce un patto di convivenza e di civiltà. Non possiamo chiamarci cittadini italiani se non ci riconosciamo nella Costituzione della nostra Repubblica. Chi non si riconosce nella Costituzione non può considerarsi in senso stretto cittadino italiano.
I fatti di campo ai Bizzi sono ampiamente noti per cui mi sembra inutile starli di nuovo a ricostruire. Stanno nei libri di storia locale dove li ho potuti leggere in questi giorni preparandomi alla commemorazione. Alcuni li hanno ricordati i sindaci di Monterotondo e di Massa Marittima. Io vorrei sottolineare due aspetti: il primo è stato ampiamente riferito da chi mi hanno preceduto, è l’efferatezza con cui i 5 partigiani caduti sono stati uccisi. In quell’azione ci furono degli errori di chi comandava i partigiani dal punto di vista militare: la terza Brigata Garibaldi si era costituita da poco (circa un mese) al comando di Mario Chirici, era schierata a ventaglio su queste colline – con una classica disposizione da guerra di posizione (il comandante Chirici si era formato durante la prima guerra mondiale) -, mentre quella partigiana è una guerriglia, una guerra per bande. Sembra che le sentinelle fossero addormentate (era l’alba) e soprattutto l’errore militare era aver collocato i depositi di munizioni troppo lontani dalle postazioni, per cui in quest’occasione i fascisti ebbero gioco facile nel prevalere perché i partigiani finirono le munizioni e privi di munizioni dovettero arrendersi. L’efferatezza dei fascisti non si mostrò solo nel dare sadicamente alle fiamme il cavallo Sauro, che era coi partigiani dentro il podere, ma soprattutto perché i partigiani feriti, che si erano arresi, furono finiti a pugnalate. Il pugnale è il marchio di fabbrica dell’efferatezza fascista dell’eccidio, il pugnale è il simbolo del fascio. Con terminologia, semanticamente ambigua, si parla genericamente di nazi-fascismo e quando si va nei dettagli si tende ad attribuire all’esercito invasore nazista la responsabilità degli eccidi. Ecco qui i nazisti non c’erano, qui è stata versato sangue italiano da altri italiani che stavano dalla parte sbagliata. Non dobbiamo dimenticare questo concetto. I fascisti ci hanno messo del loro nella particolare efferatezza, con cui si sono accaniti contro dei feriti con una posizione che si potrebbe dire – scomodando la letteratura nazionale – maramaldesca: si è vili perché si uccide un uomo ferito che sta già morendo. Nessuno si è pentito, quando a oltre 70 anni dai fatti si parla della pacificazione nazionale occorre partire da questo: si può far pace, si può perdonare, ma con chi ha fatto ammenda dei propri errori, non con chi ancora rivendica il sangue versato. L’altro aspetto riguarda il processo che si tenne nell’immediato dopoguerra su questo e altri fatti accaduti durante la lotta di liberazione nella nostra provincia, poiché la legge varata nel 1946 puniva coloro che aveva collaborato con l’esercito invasore tedesco. Venivano puniti coloro che si erano resi colpevoli dei rastrellamenti e di coloro che avevano infierito sulle popolazioni inermi, che cercavano di difendere la propria vita e le proprie povere cose dagli invasori. In provincia di Grosseto ci furono dieci episodi di rastrellamento, ma tre furono i principali per numero dei morti: quello del Frassine, quello di Monte Cuoio Scalvaia e quello particolarmente efferato contro renitenti alla leva disarmati ed inermi a Monte Bottigli, dei martiri di Majano Lavacchio. La legge fu applicata non nel senso di colpire i colpevoli, ma nel senso di vedere se agli autori dei rastrellamenti si poteva applicare l’amnistia a chi era macchiato di reati e delitti sotto il regime fascista. Questo era il discrimine della corte. Non furono fatti i conti fino in fondo con il fascismo e a distanza di oltre 70 anni non siamo riusciti ancora a farli fino in fondo. In questo ha fatto meglio la Germania, che ha partorito il nazismo, ma non dobbiamo dimenticare che noi italiani abbiamo una triste primogenitura, il fascismo l’abbiamo inventato noi, è una nostra responsabilità nazionale. In Germania tutto l’ultimo anno delle scuole superiori è impegnato sui testi di storia a capire dove stavano le responsabilità della Germania e del popolo tedesco rispetto al nazismo. Noi questo non lo facciamo, a scuola non ci si arriva quasi mai a parlare della seconda guerra mondiale e della Resistenza e quando si parla della Resistenza si tende a tenere una posizione “equanime” rispetto ai fascisti repubblichini come se questo servisse alla pacificazione nazionale. Come dice il nostro presidente nazionale, il compagno Partigiano combattente Carlo Smuraglia, non abbiamo fatto i conti con il fascismo e ne paghiamo le conseguenze. Esiste un pericolo di destra, neofascista, a livello locale: pochi giorni fa a Grosseto abbiamo dovuto fare in piazza un presidio antifascista perché il 10 febbraio, strumentalizzando la cosiddetta giornata del ricordo, cioè dei morti delle foibe e degli esuli giuliano-dalmati, abbiamo avuto dopo tanti anni una manifestazione fascista, di 30 persone, improvvidamente autorizzata dalle autorità cittadine, Questore e Prefetto, nonostante i richiami del sindaco e nostri. Per fortuna non ci sono state i soliti gesti di apologia al fascismo (cori e saluti romani) perché c’eravamo noi e avevamo detto alle autorità di stare attenti perché nostri osservatori avrebbero verificato quanto accadeva (c’era già stato un precedente alla cosiddetta manifestazione dei cittadini per la sicurezza dove tali atti erano avvenuti). Perché in Italia esistono le leggi, che vietano l’apologia del fascismo (le leggi Scelba e Mancino), che traducono in pratica il dispositivo costituzionale della XII disposizione, che è il suo sigillo antifascista. Tale disposizione non è come si dice abitualmente “transitoria”, ma “finale”, cioè è un bene non negoziabile: il divieto assoluto di ricostituzione del disciolto partito fascista. La Costituzione italiana è democratica, nel senso che la sovranità appartiene al popolo; è repubblicana, nel senso che la repubblica è la forma statuale irreversibile; ed è antifascista, nel senso contenuto nella XII disposizione finale. Purtroppo non è solo un problema locale, ma nazionale. Avete seguito quanto accaduto negli ultimi giorni: gli organizzatori della manifestazione di Grosseto sono un’emanazione di Casa Pound, organizzazione neo-fascista, , che è stata portata in tribunale dalla figlia del Erza Pound, un grande poeta purtroppo compromesso con il fascismo, la quale non vuole che il proprio nome sia infangato da coloro che si autodefiniscono “i fascisti del terzo millennio”. Il giudice ha chiesto al ministero degli interni chi sono questi di Casa Pound e un solerte funzionario del ministero ha risposto che sono dei bravi ragazzi impegnati nel sociale, che hanno ripreso contenuti sociali del ventennio (senza neppure richiamare il fascismo). Ha omesso che nell’ultimo anno gli esponenti di Casa Pound si sono resi protagonisti di 389 episodi di apologia del fascismo o di violenza. Quando il ministro degli interni Alfano è stato chiamato da lacune interpellanze a rispondere di questo in parlamento ha taciuto dei reati e ha di fatto appoggiato la relazione dei propri funzionari. Questo rischio di ritorno al passato esiste anche su scala internazionale. Faccio riferimento al Front National di Marie Le Pen in Francia, che è una costola del fascismo, in Italia al movimento razzista verde-nero che fa riferimento alla Lega Nord di Salvini. In Grecia il movimento neo-nazista Alba Dorata è il terzo partito alle elezioni. Esistono a livello internazionale alcune formazioni che si richiamano apertamente al fascismo e al nazismo, che sono al governo in Ungheria e in Ucraina. Avete visto come trattano i migranti e i richiedenti asilo. Tutto questo ci dimostra lo stretto legame tra razzismo e fascismo. Quindi i rischi di una svolta a destra esistono.
I compagni, che organizzano questa manifestazione, quest’anno hanno voluto mettere in relazione la nostra Resistenza nazionale e quella attuale del popolo curdo. Hanno ragione, hanno fatto bene secondo me. Il popolo curdo da oltre un secolo chiede di avere un unico paese, quando essi sono una nazione per tradizione, per cultura e per lingua. Stanno divisi tra quattro stati e hanno diritto ad avere il loro governo autonomo e ad avere una nazione. Fra l’altro essi stanno combattendo per noi. Stiamo attualmente combattendo una guerra internazionale contro il cosiddetto terrorismo, contro il califfato nero, contro l’islam terrorista. Nella Mezza Luna fertile gli unici che stanno combattendo sul campo i terroristi dell’Isis sono i miliziani, uomini e donne, del popolo curdo. Tra l’altro l’esistenza dell’Isis è anche nostra responsabilità, perché le potenze occidentali lo hanno foraggiato ampiamente in tutta la prima fase della guerra civile siriana. I curdi difendono i nostri interessi, difendono anche noi, vanno riconosciuti.
Ho detto all’inizio di questo discorso che l’eredità che ci è stato consegnata dai partigiani è la Carta Costituzionale, il nostro patto di civile convivenza, che ci rende italiani. Governi di vario colore hanno cercato di snaturarla. L’ANPI non ha né governi amici, né governi nemici, ma un unico patrimonio che è la difesa e la garanzia della Carta Costituzionale. Noi diciamo che la Costituzione può essere riformabile, ma non stravolgibile, i suoi valori non sono negoz iabili, non si possono transigere. Saremo chiamati a dare il nostro voto sul referendum costituzionale, credo nel prossimo autunno. L’attuale governo con una legge elettorale eccessivamente maggioritaria – mi limito a dire in questo modo – e con la messa in discussione dei contrappesi e dei contropoteri del senato sta determinando una prevalenza dell’esecutivo sugli altri poteri. Allora rispetto ai due beni che abbiamo di fronte, la governabilità e la rappresentanza democratica, l’ANPI – con tutto rispetto per le posizioni diverse dalla nostra, delle cui ragioni diamo atto – dice che il bene della rappresentanza del popolo sovrano è prevalente. L’ANPI dichiara con tutta chiarezza e con tutta la propria intransigenza il proprio no al prossimo referendum.
Concludo questo discorso dando atto alle amministrazioni locali di Monterotondo e di Massa Marittima della volontà di voler costruire il cippo in memoria dei caduti di Campo ai Bizzi. Dico inoltre che queste mura, che portano ancora il segno del piombo fascista, devono essere conservate, altrimenti quale memoria attiva ci può essere ? Questo deve rimanere alle prossime generazioni. Ci sono i luoghi dove bisogna andare in pellegrinaggio – come diceva Calamandrei – per vedere dove è nata la nostra Costituzione. Questo è uno di quei luoghi, questo deve essere preservato in tutti i modi. Mi compiaccio dell’iniziativa del cippo, dove murare la lapide, ma per le mura va fatto qualcosa. So che ci sono problemi di natura amministrativa da risolvere, ma credo che per il bene pubblico si possa fare.
Vi ringrazio per l’attenzione.
Viva la nostra Repubblica democratica e antifascista!
Viva la Costituzione!
Viva ora e sempre la Resistenza!”