Carla Capponi (partigiana “Elena”, medaglia d’oro al valor militare)……

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“…sento che occorre convincere i giovani di oggi che ognuno di noi fu esattamente un giovane come loro, stretto fra dubbi e paure, convinto di non fare nulla di così eccezionale, di “storico”, ma di compiere un dovere civile che ha finito per coinvolgere tutti in una sola volontà, sostenuta dalla speranza di liberazione. Eravamo come gattini gettati nel fiume, che non si lasciano affondare ma nuotano nell’acqua alla ricerca della terra che li salverà.”
Carla Capponi (partigiana “Elena”, medaglia d’oro al valor militare)
Anpi Santa Luce-Orciano Pisano

NON E’ COSA VOSTRA……

130602_bologna_a4-294Di seguito pubblichiamo il manifesto di convocazione firmato da Gustavo Zagrebelsky, presidente di LeG.

di Gustavo Zagrebelsky

Da anni, ormai, sotto la maschera della ricerca di efficienza si tenta di cambiare il senso della Costituzione: da strumento di democrazia a garanzia di oligarchie. Non dobbiamo perdere di vista questo, che è il punto essenziale. Non è in gioco solo una forma di governo che, per motivi tecnici, può piacere più di un’altra. L’uguaglianza, la giustizia sociale, la protezione dei deboli e di coloro che la crisi ha posto ai margini della società, la trasparenza del potere e la responsabilità dei governanti sono caratteri della democrazia, cioè del governo diffuso tra i molti. L’oligarchia è il regime della disuguaglianza, del privilegio, del potere nascosto e irresponsabile, cioè del governo concentrato tra i pochi che si difendono dal cambiamento, sempre gli stessi che si riproducono per connivenze e clientele. Parlando di oligarchie, non si deve pensare solo alla politica, ma al complesso d’interessi nazionali e internazionali, economico-finanziari e militari, che nella politica trovano la loro garanzia di perpetuità e i loro equilibri.
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“L’uso della vita 1968”

locandina-luperiniPresentazione dell’ultimo libro di Romano Luperini “L’uso della vita 1968”, che si terrà lunedì 27 maggio alle ore 17.30 presso la sede della Fondazione Bianciardi in Via De Pretis n. 32-34.
Romano Luperini ha partecipato attivamente al 68 pisano, ha fondato una delle riviste preparatorie del 68 Nuovo Impegno, è critico letterario e professore di letteratura italiana all’Università di Siena, scrittore (questo è il suo terzo romanzo), è direttore di Allegoria per lo studio materialistico della letteratura.

Orazione in memoria del Tenente Gino e del Soldato Giovanni

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Sono molto emozionata ed onorata di essere qui oggi a tenere l’orazione in memoria del Tenete Gino e del Soldato Giovanni. Mi onora poter ricordare questi ragazzi con voi tutti, e ricordandoli pubblicamente togliere loro la patina di eroi che li allontana da chi non li ha conosciuti direttamente e restituire il loro valore di uomini veri, tentando di ricostruire i loro sguardi e i loro sentimenti.
Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia antifascista in cui si raccontavano le vicende dei partigiani e della Resistenza come si raccontavano le storie di famiglia, così che per me i partigiani non sono mai stati un’entità astratta avvinta dalla retorica, ruolo in cui, nell’urgenza di costruire un pantheon laico a guardia della neonata Repubblica sono stati relegati in fretta e con superficialità, ma persone reali, di carne sangue e cuore.
Così è per me, che appartengo ad una generazione intermedia a cui la Resistenza è spesso stata spiegata direttamente da chi l’ha vissuta, e a cui i valori fondanti della nostra società sono arrivati quasi per osmosi.
Non altrettanto è per i giovani che non trovano in famiglia, raramente nella scuola, e mai nel tessuto sociale in cui vivono oggi la narrazione onesta della Resistenza: non più tardi di un mese fa, a ridosso della Festa della Liberazione, mi sono sentita chiedere da una bambina di dieci anni chi fossero i Partigiani.
Dobbiamo allora cogliere queste occasioni di memoria per spiegare che cosa fu la Resistenza, senza indulgere troppo alla commemorazione eroica vuota di contenuti.Dobbiamo cercare di immaginare e ricostruire, noi per primi, che turbamenti dovessero agitare i tenenti Luigi Canzanelli e Antonio Lucchini nell’immediatezza dell’armistizio: la decisione di diventare banditi (come i tedeschi e i repubblichini definivano i partigiani) per loro, uomini di disciplina, è da considerare in tutto il suo valore dirompente.
Con pari ammirazione si deve valutare la scelta di organizzare una piccola scuola per i ragazzi del paese, che trasmettesse e fortificasse in chi era cresciuto immerso nel pensiero unico fascista gli ideali di libertà, uguaglianza, equità.
E se negli ufficiali istruiti questi ideali erano presenti e consolidati provate a pensare a Giovanni Conti, che nella sua giovane vita di duro lavoro e analfabetismo aveva pur tuttavia maturato il desiderio di riscatto.
Oggi, qui, voglio celebrare questa importante eredità morale del Tenente Gino e del Soldato Giovanni: l’aver creduto fino alla morte che tutti debbano avere uguali opportunità, che la cultura e lo studio sono strumenti di libertà e di arricchimento non solo personale ma diffuso.
Invito tutti a raccogliere questi valori che hanno ispirato la nostra Costituzione e  trasmetterli ai ragazzi, e a non lasciare che un nuovo strisciante fascismo ci privi pezzo per pezzo della cultura, dell’uguaglianza, del lavoro e (più importante di tutto) della speranza.
La logora esortazione, a non far sì che i partigiani siano morti invano, si rinnova di senso oggi che l’Italia è afflitta da una crisi morale, prima ancora che economica, che l’ha condotta a cannibalizzare il proprio futuro togliendo risorse alle nuove generazioni.
Come giovane donna e anche come mamma, prima ancora che come appartenete all’associazione dei Partigiani, mi impegno quotidianamente affinchè il lascito morale di Luigi e Giovanni non venga disperso dal vento dell’individualismo: mi conforta nella lotta quotidiana sapere che a raccogliere il testimone e a difendere quella Costituzione che si vuole cambiare prima di averla applicata totalmente, ci sono molti, e molti giovani!
Vi saluto e rendo omaggio ai Partigiani qui caduti e a quelli che sono rimasti a ricordarli con le parole di un poeta:

Qui vivono per sempre
gli occhi che furono chiusi alla luce
perché tutti li avessero aperti
per sempre alla luce.
G. Ungaretti

 

Sara Ticciati